Non poteva respirare da sola. Trascorreva a letto intere giornate, attaccata alla bombola dell'ossigeno. La signora Lucia, 60 anni, malata terminale, non riusciva nemmeno...
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L'infermiera, due anni fa, era finita sotto processo per omicidio colposo. Al termine del dibattimento, il giudice l'aveva assolta. Accogliendo la richiesta dell'avvocato di parte civile, Alessandro Gentiloni Silveri, aveva però rimandato gli atti in procura contestando il reato di abbandono d'incapace. I periti del Tribunale, infatti, avevano stabilito che tra il decesso e il comportamento dell’imputata non ci fosse una relazione evidente: probabilmente, la sessantenne sarebbe deceduta comunque. Non sarebbe però dovuta morire da sola.
I fatti risalgono al 2 ottobre del 2011. Erano stati i vertici del nosocomio a sporgere denuncia. La paziente era ricoverata nel reparto di oncologia: aveva un tumore e soffriva d’insufficienza respiratoria. Alle 6,45 aveva suonato il campanello accanto al letto, perché aveva bisogno di andare al bagno e non era in grado di camminare. L’infermiera l'aveva quindi accompagnata ai servizi, ma era poi smontata dal turno, dimenticando di compilare il registro delle consegne. Lucia era rimasta sola. Era stata trovata nel tardo pomeriggio da un addetto alle pulizie: era accasciata senza vita accanto al water, con la testa appoggiata al muro. Dopo le prime indagini, la procura aveva chiesto l’archiviazione del caso, ma il gup aveva disposto l’imputazione coatta per omicidio colposo. Ora, il nuovo processo per abbandono d’incapace. Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino