Da un lato, Totò Riina soffre di una «cardiopatia» di «tale entità da condizionarne ogni attività» e che lo «espone...
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I suoi legali, gli avvocati Luca Cianferoni e Mirko Perlino, già dalla scorsa udienza di fine giugno, infatti, avevano provato a chiedere per il boss mafioso lo stop del processo (scaturito da intercettazioni ambientali di 4 anni fa nella casa di reclusione milanese) o in subordine una perizia per valutare la «capacità processuale», ossia di comprendere di essere sottoposto ad un processo. Anche stamani in aula l'avvocato Perlino, insistendo nelle richieste, ha fatto notare che Riina oggi aveva rinunciato ad essere collegato come al solito in videoconferenza per l'udienza, «perché firma le dichiarazioni senza comprenderle». La relazione del primario Michele Riva era stata richiesta dai giudici della sesta sezione (presidente Raffaele Martorelli) al carcere di Parma, dopo l'istanza difensiva, e poi i giudici, al di là del quadro clinico descritto dettagliatamente (Riina è ricoverato nell'ospedale dal 25 gennaio 2016), hanno valorizzato la parte in cui "Totò u curtu" viene definito «vigile» e «collaborante».
Nell'ordinanza il presidente Martorelli ha chiarito che ciò che andava valutato nel processo era la «capacità di stare in giudizio», ossia la condizione «psichica» di Riina, e non questioni sulla salute o sul regime detentivo di cui si sta occupando il Tribunale di Sorveglianza di Bologna, dopo che la Cassazione ha affermato «l'esistenza di un diritto di morire dignitosamente», spiegando che la Sorveglianza aveva omesso di considerare «il complessivo stato morboso del detenuto e le sue condizioni generali di scadimento fisico».
Il Gazzettino