Riforme, settemila emendamenti al Senato: resistono frondisti di Pd e FI

Riforme, settemila emendamenti al Senato: resistono frondisti di Pd e FI
Sono oltre 7.000, di cui 6.000 della sola Sel gli emendamenti alle riforme presentati nell'Aula del Senato, il che lascia intendere una battaglia ostruzionistica a cui il...

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Sono oltre 7.000, di cui 6.000 della sola Sel gli emendamenti alle riforme presentati nell'Aula del Senato, il che lascia intendere una battaglia ostruzionistica a cui il governo non potrà rispondere con la fiducia. È evidente la reazione dei frondisti di Pd e di Fi, che non mollano: alle Assemblee dei rispettivi gruppi parlamentari non alzano la voce, ma al momento della presentazione degli emendamenti in Aula hanno rilanciano i loro cavalli di battaglia.




Addirittura 1000 gli emendamenti dei dissidenti «azzurri». A preoccupare il governo è anche la Lega che ha presentato degli emendamenti che scardinano il ddl del governo. Doppio registro anche da M5s: aggressivi in aula fino al limite dell'insulto, ma disponibili al confronto nella nuova lettera di risposta al Pd. Di buon mattina si sono radunati i senatori del Pd per votare sul testo delle riforme, in modo da sancire la posizione ufficiale del partito.



I 16 dissidenti hanno preferito non partecipare al voto: solo Massimo Mucchetti ha votato e si è astenuto, mentre altri 86 hanno espresso il loro sì. Il gesto dei dissidenti è stato interpretato dal Capogruppo Luigi Zanda come espressione della volontà di confronto. Ma quando alle 20 sono scaduti in termini per gli emendamenti dell'Aula, i 16 hanno depositato 55 emendamenti che rilanciano tutte le loro battaglie: Senato elettivo, suoi maggiori competenze legislative, taglio del numero dei deputati, ecc.



Ancora più inaspettato l'atteggiamento dei dissidenti di Fi e Gal (un gruppo satellite di Fi). Alla riunione tenuta con Silvio Berlusconi, dove avrebbe parlato solo il leader, nessuno ha fiatato. Ma da essi sono piovuti addirittura 1.000 emendamenti. Un annuncio di ostruzionismo, una vera sfida alla leadership di Berlusconi e al governo, che non potrà chiedere la fiducia ( si tratta di una legge di riforma costituzionale) per tagliare i tempi di esame e voto. Ma i 1.000 dei dissidenti «azzurri» sono nulla rispetto ai 6.000 di Sel. E un «coup de theatre» sono anche i circa 100 emendamenti della Lega, non per il loro numero, ma per i contenuti che contraddicono il ddl del governo (elezione diretta del Senato, ecc) e lanciano una serie di «provocazioni», con temi anti-europei: possibilità di tenere referendum sui trattati Ue, e possibilità di Comuni e Regioni di ignorare il patto di stabilità interno.



Il Carroccio vuole «strappare» maggiori competenze per le Regioni, ma preoccupa il voltafaccia. Il governo anche così avrebbe i numeri in Aula, ma se si apre un ostruzionismo duro il rischio è rimanere inchiodati per giorni in Aula. Inoltre il governo Renzi ci tiene politicamente all'adesione del Carroccio alle riforme. In questa giornata «double face» anche M5s si è comportato da Giano Bifronte.



In aula gli interventi sono stati aggressivi, con attacchi personali al ministro Maria Elena Boschi e al premier Renzi, tanto che il Pd Miguel Gotor è sbottato: «mi vergogno di condividere lo scranno da senatore con voi». Ma dall'altro lato nel nuovo capitolo dell'epistolario con il Pd, i «grillini» hanno detto di apprezzare la disponibilità dei Dem a cambiare l'immunità, e soprattutto vengono incontro a Renzi su due punti: celerità sui tempi di approvazione della legge elettorale, e governabilità che il premier aveva indicato come punto essenziale di una futura riforma elettorale. L'incontro sarebbe confermato per giovedì, come ha spiegato ai suoi Beppe Grillo nella visita di stamane a Palazzo Madama.
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Il Gazzettino