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«Una delle soddisfazioni più grandi è stata la palla rubata a David Hawkins, quello che da piccolo andavo a vedere al palazzo. Non una palla sporca, ma una palla rubata affrontandolo faccia a faccia, come sapevo fare io nel cambio di mano». Papà Gianni, mentre ripete a memoria le ultime parole scritte dal figlio si ferma e la voce si rompe. «Scusi, mi emoziono». È passata poco più di una settimana da quando Riccardo Blasi, 24 anni, sul Terminillo ha deciso di fermare per sempre la sua vita con un colpo di pistola, quella del papà, guardia giurata. Sull’ultimo biglietto ritrovato dai genitori ha racchiuso le sue gioie e i suoi dolori, chiedendo «scusa a tutti» per essere andato via così. «Non era mai stato tanto sereno come in quei giorni – racconta Gianni – E forse è questo che ci ha fregato: la sua serenità. La mattina si era svegliato alle 11, aveva fatto colazione, poi la doccia, il pranzo e si era messo a vedere il programma Amici di Maria De Filippi, che gli piaceva tanto. Nel pomeriggio ha visto la partita dei mondiali. Giocavano Brasile e Svizzera».
Non aveva vissuto anni facili, Riccardo. «Voleva fare il giocatore di basket – dice il papà – Lo sognava da quando era bambino. Ha iniziato nella Sebastiani Rieti, poi ha proseguito con la Willie basket e con la Npc. Fino alla serie A2, un’opportunità concessagli dall’allenatore del settore giovanile della Npc, Gianluca De Ambrosi. Lì il suo sogno si è infranto». A interromperlo per sempre la frase pronunciata da un formatore durante gli allenamenti. Sei anni dopo l’ha trascritta fedelmente nella sua lettera d’addio. «Tu sei troppo magro per giocare qui, mi dissero, e io non sono riuscito a rispondere, però determinate parole fanno troppo male», ha scritto Riccardo. «Chi forma i ragazzi dovrebbe pensare bene, prima di parlare – osserva Gianni – Riccardo era bravissimo a giocare, ma era anche sensibile, introverso, buono, educato, chiedeva scusa anche se ti sfiorava. Non ha avuto il coraggio di ribattere. Però quella frase lo ha segnato in maniera indelebile. Ha cominciato ad andare in palestra, si allenava anche a casa e in poco tempo è riuscito a mettere su un fisico invidiabile».
LA SCLEROSI MULTIPLA
Poi due anni fa è arrivata la malattia.
UN RAGAZZO D’ORO
Persone importanti per Riccardo che oggi papà Gianni vuole ringraziare al posto suo. «Non voglio dimenticare nessuno» e inizia citando Giuseppe Cattani presidente della Npc basket, oltre agli allenatori De Ambrosi e Angelucci, i colleghi Andrea Grillo, Gianluca Tilli, Franco Cerafogli, Sergio Vio, i personal trainer Marco Gunnella e Mario Leoncini e i fisioterapisti Diego ed Elisabetta. «Tutti avevano capito che era un ragazzo d’oro, e li ringrazio», ribadisce Gianni e intanto cerca le foto «in cui si vede bene. In questa ci siamo tutti e tre (papà, mamma Francesca e Riccardo, ndr), l’abbiamo scattata a Roseto». In un’altra sorride dietro agli occhiali da sole. «L’abbiamo scelta per il ricordino funebre – dice Gianni – accompagnata dall’invito a ricordarlo con il sorriso e con una preghiera. Parole semplici, come Riccardo voleva ed era».
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