Al «bivio netto» tra «crescita» e «spread», Matteo Renzi confida nel colpo di coda finale. A poco più di 24 ore dall'apertura delle...
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Ma la «concretezza», a marcare la distanza dai «fantagoverni» M5s e dalle proposte «straordinariamente incredibili» della destra. Al fotofinish, il Pd è l'unico tra i grandi partiti a non avere un candidato premier. Ma Renzi rivendica la scelta: «Chiunque sia il candidato Pd noi lo sosterremo, a cominciare da Paolo Gentiloni e passando per tutti i nomi che sono stati fatti e che sono tanti, quasi quelli di una squadra di calcio...».
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Il segretario Dem non si smuove: gli scenari del dopo deriveranno «dai numeri» del voto, spiega. E dopo aver confermato che non si dimetterà dalla segreteria qualunque sia il risultato, glissa sulla possibilità di ricostruire un'unità a sinistra: «Ora votare sinistra radicale avvicina Salvini a Chigi», ribadisce. «In questa campagna la politica sembra concentrata solo sulle poltrone. Ma noi abbiamo chiara la direzione di marcia, mentre si rischia di cadere in un estremismo che agita spettri ma poi ci copia le idee», sottolinea.
Il bersaglio è il M5s e la sua «fanta-squadra di fanta-ministri del fanta-governo 5 Stelle»: «Mi sento più tranquillo se alla Difesa c'è una ministra competente e non un assessore ai gemellaggi del Comune di Velletri. A Di Maio dico »fai pace con te stesso« - attacca Renzi - se indichi all'Istruzione uno della Buona scuola e all'Agricoltura una nostra terza fila è un boomerang per te». Per la «solidità e stabilità del Paese» c'è «una unica soluzione»: il Pd, dice il segretario agli indecisi. E guarda dritto in telecamera nell'invitare a mettere «una sola »x« sul simbolo Dem» (non - «come qualcuno» - sul nome del candidato, che spalmerebbe i voti su tutta la coalizione).
Negli studi di Facebook ricorda quando, da premier, fu il primo a fare una diretta sul social network: «Anzi il secondo - si corregge - c'era già stato Trudeau ma io l'ho battuto per ascolti, poi è arrivato Macron e ci ha stracciati». Ora, spiega, è candidato al Senato per «contrappasso» dopo aver perso il referendum con cui avrebbe voluto abolirlo. Ma degli anni di governo rivendica i risultati: dal 2014 «il Pil è salito di quattro punti» e anche per questo «non servirà una manovra correttiva». Ma c'è ancora da fare, come «far ripartire l'edilizia».
Il Pd ha ricette, la destra solo promesse: «Berlusconi ne fa ogni 5 anni - scherza - ci vorrebbe una cerimonia di chiusura, come alle Olimpiadi».
Il Gazzettino