Chi paga una raccomandazione per un posto di lavoro ai figli e chi prende questi soldi millantando di avere le conoscenze giuste per ottenere il risultato, sono sullo stesso piano...
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In vicende del genere, spiegano i supremi giudici, prevale «il noto brocardo romanistico» per cui «in pari causa turpitudinis melior est condicio possidentis». Insomma quando il "contratto" di scambio avviene nella reciproca scorrettezza, nulla può essere richiesto indietro e si tiene i soldi l'ultimo che li ha messi in tasca. Spiega la Suprema Corte che pagare per un posto è senz'altro un «illecito» contrario alla legge e all'ordine pubblico, e questo «a prescindere dall'esito, magari anche negativo, della trattativa immorale». È pure un atto contrario al buon costume, sottolinea la Cassazione.
Il Gazzettino