Raccomandazioni pagate per il posto: i soldi restano a chi li ha intascati

Raccomandazioni pagate per il posto: i soldi restano a chi li ha intascati
Chi paga una raccomandazione per un posto di lavoro ai figli e chi prende questi soldi millantando di avere le conoscenze giuste per ottenere il risultato, sono sullo stesso piano...

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Chi paga una raccomandazione per un posto di lavoro ai figli e chi prende questi soldi millantando di avere le conoscenze giuste per ottenere il risultato, sono sullo stesso piano quanto a livello di «turpitudine» del comportamento, sottolinea la Cassazione in un curioso verdetto su una vicenda napoletana. Tuttavia ad avviso dei giudici - che hanno respinto il ricorso di un padre che rivoleva i 20mila euro pagati invano a un "amico"per un posto in banca alla figlia - se la raccomandazione fallisce, e il posto evapora, i soldi devono restare a chi se li è presi, come accadeva nell'antica Roma. Con buona pace di chi ha pagato per nulla.


In vicende del genere, spiegano i supremi giudici, prevale «il noto brocardo romanistico» per cui «in pari causa turpitudinis melior est condicio possidentis». Insomma quando il "contratto" di scambio avviene nella reciproca scorrettezza, nulla può essere richiesto indietro e si tiene i soldi l'ultimo che li ha messi in tasca. Spiega la Suprema Corte che pagare per un posto è senz'altro un «illecito» contrario alla legge e all'ordine pubblico, e questo «a prescindere dall'esito, magari anche negativo, della trattativa immorale». È pure un atto contrario al buon costume, sottolinea la Cassazione. E quando un accordo "turpe" realizza «la contemporanea violazione tanto dell'ordine pubblico quanto del buon costume, attingendo ad un livello di maggiore gravità», nulla si può pretendere indietro. 
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Il Gazzettino