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La corsa di tutti i leader nella ruota dei criceti continuerà anche oggi. Così come la caccia ad una strategia che non c’è, se non quella della riduzione del danno che potrebbe provocare l’elezione a maggioranza del nuovo Capo dello Stato. Tra veti, terne che sfioriscono prima di essere annunciate e carte coperte o quasi, si va a caccia di quei punti fermi che potrebbero portare ad una svolta. Il più importante riguarda i tempi. Enrico Letta e Matteo Salvini hanno detto ieri, in occasioni diverse, che «sperano di chiudere in settimana» anche perché «l’Italia non ha tempo da perdere», ricorda Giuseppe Conte.
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Le bollette
Ma la proposta che rivolge il segretario del Pd a tutte le forze politiche, «chiudiamoci in una stanza e buttiamo via la chiave fino a quando non troviamo una soluzione», dà la misura dei rischi che corrono i partiti e le rispettive leadership. Tirarla per le lunghe, pensare di poter andare ad oltranza con le votazioni, in stile ‘92, viene ritenuto impraticabile se non molto rischioso per un parlamento balcanizzato e in-governato. E’ quindi opportuno per molti che i tre giorni di inutili votazioni si concludano oggi perché veti, penultimatum e vertici carbonari avvengono mentre fuori dal Palazzo di Montecitorio corre ancora l’emergenza sanitaria, lo spread sale insieme alle bollette della luce, le borse affondano e, soprattutto, crescono i rischi di un scontro armato in Ucraina.
Il “conclave” proposto da Letta potrebbe essere una soluzione se non finisce come a Viterbo, con il tetto scoperchiato e i grandi elettori al freddo e senza cibo. Ma lo stallo accresce la paura del parlamentare-peones che la fretta possa portare all’elezione di un presidente della Repubblica a maggioranza spalancando le porte al caos e al voto anticipato. «Rischiamo di perdere Draghi e Mattarella e sarebbe l’esito peggiore per il Paese», spiega un accorato Bruno Tabacci. Per certi versi lo sarebbe anche per Letta e Salvini. Il segretario dem è riuscito sinora a preservare la “carta-Draghi” lasciando che si consumino i tanti nomi che fioriscono nel giardino del centrodestra e che ogni tanto “invogliano” l’alleato pentastellato che, pur di non votare Draghi, potrebbe sostenere anche la Casellati.
L’iniziativa che i partiti hanno chiesto al premier difficilmente andrà oltre le telefonate fatte ieri l’altro nelle quali ha ricordato in sostanza i motivi che un anno fa hanno spinto i partiti ad invocarlo. Manca ancora la telefonata a Silvio Berlusconi, che è al San Raffaele, ma il segretario del Pd sa che non si può chiedere al premier mano libera sul governo che verrà, come invece pensa Salvini e spera Conte. La rivolta dei 5S contro Conte, che flirta con Salvini, non sorprende. Conferma però la debolezza non solo del M5S che vorrebbe riprendersi “la palla” che Draghi - sostengono - gli ha sottratto ma di tutti i partiti che al tempo stesso temono la fine della legislatura e la reazione dello stesso premier. Il quale potrebbe ringraziare e salutare.
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Il Gazzettino