Ponte Morandi, ditta agiva per agevolare i clan camorristici: vertici arrestati

GENOVA - A dieci mesi esatti dal crollo del ponte Morandi arrivano i primi arresti per i tentativi di infiltrazione della criminalità organizzata nella ricostruzione: in...

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GENOVA - A dieci mesi esatti dal crollo del ponte Morandi arrivano i primi arresti per i tentativi di infiltrazione della criminalità organizzata nella ricostruzione: in manette sono finiti i vertici della Tecnodem srl, un'azienda napoletana che aveva ottenuto un subappalto per un valore di 100mila euro nell'ambito delle opere di demolizione della struttura ed era già stata esclusa dai lavori un mese fa con un'interdittiva del prefetto perché «permeabile ed esposta al rischio di infiltrazione mafiosa». Hanno agito, dicono gli inquirenti della Dia che hanno condotto le indagini, «per agevolare il clan D'Amico», egemone nel rione villa di Napoli.


I provvedimenti firmati dal gip del tribunale di Genova e richiesti dalla Dda riguardano l'amministratore e socio unico della Tecnodem Consiglia Marigliano, priva di titoli o esperienze professionali nel settore, e il suo consuocero, Ferdinando Varlese, un 65enne napoletano residente a Rapallo, ritenuto l'amministratore di fatto della società. Sarebbe lui il collegamento con il clan D'Amico, con il quale risulta in stretti rapporti di parentela. Varlese non è nuovo agli investigatori: nel 1986 fu condannato per associazione a delinquere in un procedimento nel quale erano coinvolti affiliati al clan Misso-Mazzarella-Sarno, tutti appartenenti alla Nuova Famiglia di Michele Zaza e Ciro Mazzarella, e vent'anni dopo per estorsione tentata in concorso, con l'aggravante di aver commesso il fatto con modalità mafiose in un procedimento nel quale sono emersi chiari i rapporti tra lo stesso Varlese e i D'Amico.

«Agendo in concorso tra loro e previo accordo, al fine di eludere le norme in materia di misure di prevenzione patrimoniali - dice il Gip - hanno attribuito fittiziamente alla donna la titolarità formale della Tecnodem, quale unica socia, amministratrice e rappresentante, mantenendo invece in capo all'uomo la titolarità effettiva della stessa, integrandosi così il delitto di cui all'art. 512 bis del codice penale (trasferimento fraudolento di valori)». Ma non solo. Dopo l'interdittiva antimafia di un mese fa che aveva escluso la ditta, Varlese stava mettendo su una nuova società intestata a conoscenti o a persone fidate per continuare a lavorare nello stesso settore. Con la Marigliano che era ben consapevole di essere un «cosciente schermo» delle attività dell'uomo. «..Ora sistemiamo questa cosa...poi ci prendiamo un caffè...ragioniamo un attimo ...allora prendi e gestisci tu» lo hanno sentito dire al telefono con la figlia gli investigatori. Parole ribadite anche al figlio: «...stiamo cercando di mettere un pò queste cose a posto qua e di rinnovare tutto come siamo rimasti d'accordo...vediamo di fare tutto ex novo».


La Tecnodem «è stata esclusa un mese fa, non ha nessun effetto sui lavori, punto. Anzi - dice il commissario straordinario Marco Bucci - è la dimostrazione che abbiamo lavorato più che bene. Abbiamo messo in piedi un sistema molto efficiente e unico che mi auguro sia replicato per tutte le altre infrastrutture importanti per l'Italia». Parole condivise dal procuratore Francesco Cozzi. «L'operazione di oggi completa il quadro di attenzione degli investigatori sui cantieri del ponte Morandi, sia in fase preventiva che in quella successiva di infiltrazioni delle organizzazioni mafiose. Si tratta di un cantiere ipercontrollato e il meccanismo funziona benissimo». Il perché ci sia la massima attenzione lo spiega il capocentro della Dia di Genova Mario Mettifogo. «Intorno alla demolizione del ponte Morandi ballano cifre consistenti e quindi è evidente che ci sia un interesse da parte della criminalità organizzata. Ma si tratta di un cantiere così pubblicizzato e controllato che non dovrebbero nemmeno provarci».(ANSA).
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Il Gazzettino