Spari al cuoco, il taxista: «Così hanno catturato Pecorale»

Spari al cuoco, il taxista: «Così hanno catturato Pecorale»
Spari al cuoco di Pescara, parla i taxista che ha fatto arrestare Federico Pecorile. «Un intervento esemplare, da...

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Spari al cuoco di Pescara, parla i taxista che ha fatto arrestare Federico Pecorile.

«Un intervento esemplare, da manuale, quello della Polizia»: sotto giacca e pantaloni blu, il cuore veste ancora la divisa della guardia di finanza. Così, Vincenzo Femminilli la cattura di Federico Pecorale la vive con tutte le sue due vite, quella di prima, da militare, quella di adesso, da taxista. Che per trecento chilometri e qualche giorno in più ha portato in macchina un uomo con la pistola, conosciuto da turista, salutato alla fine di una latitanza durata nove ore, quando intorno alla Renault Kadjar si sono stretti gli agenti della Polstrada delle Marche.

Fine dei giochi. «Lo aveva capito alla fine - racconta Femminilli, ricordando il viaggio con Pecorale - venti trenta chilometri prima dell'area di servizio era agitato, molto agitato, ho cominciato a dire che c'era qualcuno che lo aspettava e là lui ha capito che era arrivato. Parlavo cercando di capire cosa aveva combinato, lui mi ha detto che non aveva fatto niente».

Negli ultimi dieci chilometri i fari di una macchina piantati nello specchietto retrovisore hanno detto al militare, prima ancora che al tassista, che c'era qualcuno che lo seguiva. «Non vedevo l'ora di fermarmi e di dire: devo fare benzina», dice Vincenzo perché una volta sceso dalla macchina sarebbe arrivata "la cavalleria". Che per lui, nell'arco di tre ore, aveva avuto la voce del commissario Mauro Sablone, vicedirigente della squadra mobile, che chilometro dopo chilometro ha mantenuto un canale aperto con la macchina diretta verso la Svizzera, dove Pecorale aveva chiesto di tornare.

«La telefonata è arrivata intorno alle 14-14,30 - ricorda Femminilli - ero a pranzo con mio figlio per cui ho detto che doveva aspettare. Mi ha mandato via cellulare la sua posizione, di fronte a un albergo al centro di Pescara dove non ero mai stato. L'ho caricato e siamo andati a Gissi. Durante il viaggio poi mi ha detto che voleva fare un viaggio in Svizzera. Ho fatto il conto, veniva fuori circa 1500 euro. Mi ha risposto: non ci sono problemi, vado a ritirare i soldi, ci vediamo stasera, poi ti richiamo. La sera verso le sette mi ha richiamato e mi ha detto che era pronto per partire».

Il video con la sparatoria in centro a Pescara girava già da un po', ma Vincenzo non lo aveva visto: solo dopo, a partita chiusa, ha capito che da quel borsello che Pecorale aveva vicino, poggiato sul sedile, era uscita la semiautomatica con cui è stato ferito il giovane cuoco di Casa Rustì. Nel borsello la pistola non c'era già più, ma durante il viaggio nessuno poteva saperlo.

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Il Gazzettino