Ingegnere difende una mamma picchiata per strada: «Preso a botte da un africano davanti a mio figlio»

L'ingegnere di Pescara malmenato Ingegnere difende una mamma picchiata per strada: preso a botte davanti al figlio
Massacrato di botte, sul lungomare di Montesilvano, davanti agli occhi terrorizzati del figlio di 10 anni. Protagonista della brutta avventura, accaduta domenica sera,...

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Massacrato di botte, sul lungomare di Montesilvano, davanti agli occhi terrorizzati del figlio di 10 anni. Protagonista della brutta avventura, accaduta domenica sera, è un ingegnere di Pescara, D.L., di 48 anni. A causa delle botte ricevute, il professionista ha riportato due emorragie subdurali per le quali è ricoverato nel reparto di Neurochirurgia. La sua unica colpa quella di aver cercato di difendere una donna con un bambino piccolo che un uomo, il suo compagno di origine africana, stava picchiando selvaggiamente in mezzo alla strada.


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«Gli ho gridato di smetterla e che avrei chiamato i carabinieri – racconta dal suo letto d’ospedale – e lui mi ha preso alle spalle e pestato sino a farmi sentire male». Il fatto è accaduto poco prima delle 23, all’altezza di via Bocca di Valle, nell'area metropolitana di Pescara, sul traffico lungomare. «Con mio figlio di 10 anni, - spiega l’ ingegnere - stavamo camminando per andare a riprendere l’altra mia figlia di 13 anni, che era con delle amichette. In quel momento il lungomare era affollato di gente. Ad un certo punto, ho visto sull’altro lato del marciapiede, dietro la fermata degli autobus, un ragazzo che stava malmenando una donna. Lei non era fra l’altro sola, ma aveva vicino a sé un passeggino con un bimbo piccolo. Nessuno interveniva. Quando ho visto quella scena, mi sono messo a gridare verso l’uomo, dicendogli che avrei chiamato i carabinieri se non la finiva. Proprio in quel momento, la donna ne ha approfittato per cercare di scappare via».

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E continua: «Ha preso il piccolo in braccio e si è messa a correre. Ma lui l’ha raggiunta, le ha gettato per strada il cellulare che aveva in mano e ha continuato a pestarla. Il bimbo strillava terrorizzato. Poi, come ha visto che io davvero stavo chiamando le forze dell’ordine, è venuto verso di me, mi ha afferrato come una furia alle spalle e mi ha riempito di calci, pugni e schiaffi. Tutto questo davanti a mio figlio – dice piangendo - ma anche a tante persone che passeggiavano. Finalmente – prosegue – alla vista dei carabinieri, si è fermato. Io ero sanguinante e cominciavo a stare male». Alla richiesta di spiegazione da parte dei militari, «lui ha avuto il coraggio di dire, spalleggiato inizialmente da un signore, che aveva soltanto reagito a un insulto razzista, che io gli avevo rivolto. Questo mi ha fatto ferito. Con il passare dei minuti, tutto per fortuna si è andato chiarendo. Ma la cosa in assoluto peggiore – sottolinea – è aver visto negli occhio di mio figlio, ma anche del suo di figlio, la paura vera mista ad incredulità. Poi ho accusato un malore e sono stato portato in ospedale. E mio figlio è rimasto lì da solo in attesa che arrivasse la mamma. Non oso immaginare – dice ancora con gli occhi pieni di lacrime – cosa possa aver provato in quegli istanti. Scene di violenza, ripeto, a cui nessun bambino dovrebbe mai e poi mai assistere». Al momento, il professionista non ha ancora sporto denuncia. «Non ho ancora avuto modo di presentarla, - spiega - ma lo farò di sicuro». Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino