Giuseppe Pellicanò, accusato di devastazione e strage per l'esplosione di una palazzina in via Brioschi a Milano, è stato condannato dal gup...
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Il giudice ha riconosciuto l'imputato colpevole per entrambi i reati, ha escluso l'aggravante dei futili motivi, e - nella sentenza letta a porte chiuse - non ha tenuto conto della perizia relativa alla semi infermità. La perizia psichiatrica d'ufficio ha accertato un vizio parziale di mente a causa di una forma di depressione. Le motivazioni saranno depositate entro 60 giorni. Pellicanó, presente in aula, ha assistito impassibile alla sentenza.
L'uomo avrebbe agito per gelosia: non accettava la fine della relazione con la madre delle sue bimbe. Per lui il giudice ha deciso la decadenza della podestà genitoriale. La sentenza di fatto accoglie il pieno la tesi accusatoria: il pm Elio Ramondini aveva chiesto l'ergastolo sottolineando di non tener conto della perizia psichiatrica, sostenendo che l'imputato «ha continuato a dire tante bugie» e si è «protetto con un materasso» durante l'esplosione della palazzina in via Brioschi senza proteggere la figlia piccola che era accanto a lui.
Era stato il pm Elio Ramondini a chiedere l'ergastolo sottolineando che non solo quella notte, tra l'11 e il 12 giugno dello scorso anno, il pubblicitario milanese aveva provocato lo scoppio della palazzina uccidendo tre persone e ferendo anche le figlie, ma poi «ha continuato a dire tante bugie per rimanere impunito». Giorni dopo l'esplosione, il 54enne era stato arrestato e aveva confessato di avere svitato il tubo del gas della cucina quella notte causando la deflagrazione avvenuta la mattina.
Difeso dai legali Giorgio Perroni e Francesco Giovannini, però, Pellicanò aveva spiegato di ricordare solo per fotogrammi quanto aveva fatto, anche a causa degli «psicofarmaci» contro ansia e insonnia che prendeva abitualmente dopo la separazione dalla compagna, Micaela Masella. L'uomo continuava a vivere nella casa con lei (che stava per trasferirsi con il nuovo compagno) e le due bambine di 7 e 11 anni.
Dagli accertamenti era emerso che quando Micaela Masella, appena alzata, chiuse la valvola dell' impianto della cucina, dopo essersi accorta della fuga di gas, con il suo «gesto» evitò «conseguenze anche peggiori» perché se non l'avesse fatto a seguito della deflagrazione avrebbe potuto svilupparsi anche «un incendio». Una perizia psichiatrica, disposta dal gip, aveva messo in luce un vizio parziale di mente dell'imputato dovuto alla sua depressione: la «strage», scrissero i periti, era diventata la «soluzione», «l'unica via d'uscita per la sua disperazione».
Ciò dopo aver «tentato tutte le vie che si riusciva a prefigurare: l' accesso a numerosi professionisti, l'assunzione di farmaci, le progettualità di una vita diversa, il ricorso al conforto degli amici».
Il Gazzettino