Città del Vaticano – Nel giorno del centenario della nascita di San Giovanni Paolo II una delle prime vittime di padre Marcial Maciel Degollado - forse il più...
OFFERTA SPECIALE
OFFERTA SPECIALE
OFFERTA SPECIALE
Tutto il sito - Mese
6,99€ 1 € al mese x 12 mesi
Poi solo 4,99€ invece di 6,99€/mese
oppure
1€ al mese per 3 mesi
Tutto il sito - Anno
79,99€ 9,99 € per 1 anno
Poi solo 49,99€ invece di 79,99€/anno
Riapre San Pietro, Papa Francesco (senza mascherina) elogia Wojtyla: un Papa per il popolo
Josè Barba Martin dal Messico fa sapere a metà degli anni Novanta assieme ad un gruppo di vittime pubblicò una letttera aperta su un giornale messicano molto letto, Milenio. La lettera naturalmente sollevò un putiferio incredibile in tutta l'America Latina. La missiva elencava i crimini di Maciel, circostanziandoli con prove e date e portava la firma di altri sette ex legionari. Le vittime a questo punto contattarono anche l'allora nunzio apostolico in Messico, monsignor Justo Mullor Garcia.
La stessa lettera, nel frattempo, fu inviata a tutti i vescovi messicani. Maciel Macial Degollado in Messico all'epoca era una potenza. Non solo era il fondatore di un ordine religioso ricchissimo che controllava università, scuole e istituzioni, ma aveva anche accesso ai vertici istituzionali, aveva rapporti con la Cia e tanti imprenditori influenti.
«Nessuno ci diede mai risposta. Fummo ignorati. Io personalmente sono convinto che Giovanni Paolo II e specialmente il cardinale Ratzinger, divenuto Papa Benedetto XVI sapevano bene della colpevolezza di Maciel».
Intanto le vittime, l'anno successivo, nel 1998 si recarono dal giudice ecclesiastico a Città del Messico, Antonio Roqueni Ornelas per inoltrare una denuncia formale a Roma, al Sant'Uffizio, tramite l'avvocata rotale Marta Vegan. La denuncia fu presentata direttamente nelle mani di monsignor Gianfranco Girotti che all'ora lavorava con il cardinale Ratzinger.
Nel frattempo il nunzio Mullor Garcia proprio per avere dato appoggio alle vittime di Maciel subiva all'interno del Vaticano un ostracismo senza pari, persino dai vertici della Segreteria di Stato, fino alla sua totale emarginazione. Prima di morire (per una malattia) l'ex nunzio disse che era contento di avere agito sempre in coscienza e con il Vangelo in mano.
Il postulatore della causa di beatificazione e poi di canonizzazione, monsignor Slavomir Oder ritiene, invece, che San Giovanni Paolo II non sapesse come stavano le cose. «Non ha coperto mai nessun pedofilo e se avesse saputo che era pedofilo non gli avrebbe dato alcuna copertura. E' chiaro però che tante cose ora ci sfuggono perchè non essendo stati testimoni presenti dei fatti è difficile fare valutazioni a posteriori. Posso dire che Giovanni Paolo II aveva una esperienza diretta sul discredito che in Polonia, sotto il regime comunista, veniva gettato continuamente sui preti polacchi. I servizi segreti costruivano dossier per accusarli di cose orribili. Wojtyla conosceva che erano accuse false e montate. Finchè quindi non si trattava di una prova evidente e rimaneva un margine di dubbio egli pensava che poteva essere il frutto di una manipolazione ingiusta».
Una domanda analoga, sebbene stavolta generica, è stata sottoposta recentemente a Papa Francesco dal giornalista spagnolo Jordi Evole in una lunga intervista. Bergoglio ha spiegato che «la verità del Vangelo ha un valore senza tempo, ma gli abusi sessuali all'interno della Chiesa sono giudicati secondo una ermeneutica dell'epoca». Come dire che in questo campo il problema deve essere contestualizzato storicamente. In ogni caso tanti dubbi restano sul terreno.
Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino