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Città del Vaticano - Non c'è pace sotto il Cupolone. Nonostante l'enciclica Fratelli Tutti sia ancora fresca di stampa e raccomandi al mondo la fratellanza, un'altra lite tra cardinali fa capire quanto sia difficile l'armonia nel piccolo stato pontificio. Stavolta a perdere le staffe è stato il coriaceo anziano prelato di Hong Kong, card. Zen appena rientrato a casa da una missione infruttuosa a Roma. Voleva essere ricevuto dal Papa ma nessuno si è mai fatto vivo e così ha rifatto valigia ed è ripartito con la coda tra le gambe e il rammarico di non aver potuto parlare a tu per tu con Bergoglio per metterlo in guardia dall'accordo con la Cina.
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A fargli perdere le staffe fino ad arrivare ad insultare platealmente il cardinale Parolin - dandogli dell'ipocrita e del disonesto - è stato il discorso tenuto dal 65enne prelato vicentino (da 7 anni esatti Segretario di Stato) a Milano sul tema spinosissimo dei rapporti con Pechino.
Zen è andato giù durissimo. «Ho letto il discorso tenuto il 3 ottobre a Milano dal cardinal Parolin, Segretario di Stato di Sua Santità. È stomachevole! Siccome stupido ed ignorante non lo è, ha detto una serie di bugie».
La lunga lettera Zen si sofferma su alcuni episodi passati. All'origine della rabbia emerge con chiarezza - in diversi passaggi - la decisione ormai presa di rinnovare l'accordo con la Cina. Un passaggio che a suo dire sarà disastroso. La cosa che non gli va giù è la realpolitik vaticana e la decisione di scaricare quei cattolici che finora non si sono piegati al governo comunista, molti dei quali perseguitati o in prigione.
Zen contesta anche il fatto di citare sempre Matteo Ricci «come non-plus-ultra nella storia delle missioni della Chiesa in Cina: questo comincia a causarmi fastidio». Il cardinale accusa Parolin di essere impreciso sulla storia, di semplificarla troppo, di aver dimenticato che in passato «metà della Chiesa finì in prigione e campi di lavori forzati. Pensate ai giovani membri della Legio Mariae, che entrarono in prigione teenegers e ne uscirono quarantenni (eccetto quelli che vi lasciarono la vita)».
Infine un ultimo fendente. «La cosa più ripugnante è l’insulto al venerato Benedetto XVI dicendo che ha approvato a suo tempo l’accordo firmato dalla Santa Sede due anni fa, sapendo che il nostro dolcissimo, mitissimo Benedetto certamente non verrà fuori a negarlo. È poi quanto mai ridicolo ed umiliante per l’innocente Cardinal Re ad essere “usato” un’altra volta per sostenere le falsità dell’Eminentissimo Segretario».
Il Gazzettino