Scuola, stop al panino da casa: per la Cassazione «non è un diritto» portarlo alla mensa

No al panino portato da casa a mensa a scuola. Parola di Cassazione. Un verdetto che ha scatenato subito la polemica. Non esiste un «diritto soggettivo» a...

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No al panino portato da casa a mensa scuola. Parola di Cassazione. Un verdetto che ha scatenato subito la polemica. Non esiste un «diritto soggettivo» a mangiare il panino portato da casa «nell'orario della mensa e nei locali scolastici» e la gestione del servizio di refezione è rimesso «all'autonomia organizzativa» delle scuole. Lo hanno stabilito le Sezioni Unite della Cassazione, accogliendo il ricorso del comune di Torino, ribaltando una pronuncia favorevole ai genitori degli alunni che preferivano alla mensa il pasto portato da casa.



 
Il caso si riferisce a un contenzioso tra il comune di Torino e ministero dell'Istruzione e un nutrito gruppo di genitori. In primo grado, il tribunale aveva dato ragione all'amministrazione, ma la Corte d'Appello di Torino ha rovesciato il verdetto, affermando che i genitori possono scegliere il tipo di pasto, ma non dettare «le modalità pratiche» e organizzative, dove cioè consumarlo, anche perché ci sono da valutare degli aspetti igienico/sanitari.

«L'istituzione scolastica - sottolineano le Sezioni Unite della Cassazione, dando ragione a Comune e Ministero sulla libertà delle scuole di organizzare il servizio mensa - non è un luogo dove si esercitano liberamente i diritti individuali degli alunni né il rapporto con l'utenza è connotato in termini meramente negoziali, ma piuttosto è un luogo dove lo sviluppo della personalità dei singoli alunni e la valorizzazione delle diversità individuali devono realizzarsi nei limiti di compatibilità con gli interessi degli altri alunni e della comunità», con «regole di comportamento» e «doveri cui gli alunni sono tenuti», con «reciproco rispetto, condivisione e tolleranza».

Peraltro, spiegano i giudici, «i genitori sono tenuti anch'essi, nei confronti dei genitori degli alunni portatori di interessi contrapposti, all'adempimento dei doveri di solidarietà sociale, oltre che economica». E la questione posta «non è comparabile», come sostenuto dai genitori, con la scelta di non avvalersi dell'insegnamento di religione. In conclusione la Suprema Corte, formula un principio di diritto, secondo cui «un diritto soggettivo e incondizionato all'autorefezione individuale, nell'orario della mensa e nei locali scolastici, non è configurabile» e i genitori degli alunni non possono rivolgersi al giudice per «influire sulle scelte riguardanti le modalità di gestione del servizio mensa, rimesse all'autonomia organizzativa» delle scuole.


«La Cassazione a Sezioni Unite ha deciso: la scuola dell'obbligo gratuita da Costituzione è da buttare nel cesso, d'ora in avanti o paghi la minestra o salti la finestra (sempre che non ti portino via la casa per morosità)». E' questo il «commento a caldo» dei genitori che portano avanti la battaglia per il panino da casa contro il caro mensa sulla sentenza della Cassazione. Il post è stato pubblicato sulla pagina Facebook del gruppo «CaroMensa a Torino». 


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Il Gazzettino