Omicidio Moro, Dda e polizia risolvono il caso 11 anni dopo: quattro arresti

Omicidio Moro, Dda e polizia risolvono il caso 11 anni dopo: quattro arresti
La soluzione del caso, undici anni dopo. La Polizia di Stato di Latina sta eseguendo un’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal G.I.P. di Roma su richiesta...

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La soluzione del caso, undici anni dopo. La Polizia di Stato di Latina sta eseguendo un’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal G.I.P. di Roma su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia di Roma nei confronti di quattro esponenti delle famiglie Rom di Latina, responsabili dell'omicidio di Massimiliano Moro commesso nel gennaio del 2010 con metodo mafioso e per finalità di agevolazione mafiosa.

Dalle indagini, dirette dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Roma e condotte dagli agenti della Squadra Mobile di Latina e del Servizio Centrale Operativo della polizia, «è emerso come il grave delitto si inquadri nella faida scoppiata nel 2010 nella provincia di Latina, fra le famiglie Rom CIARELLI-DI SILVIO da un lato, e gruppi non Rom, dall’altro, volta ad ottenere il controllo delle attività criminali del territorio pontino» spiegano dalla Questura di Latina guidata da Michele Spina.

«Nell’ambito di tale faida, denominata cosiddetta Guerra Criminale Pontina, l’omicidio in questione ha costituito il punto centrale di una serie di condotte criminali che, prima o dopo di esso, hanno determinato l’affermarsi sul territorio pontino di clan familiari di origini Rom caratterizzati dalla capacità di porre in atto un potere di intimidazione tipico delle organizzazioni mafiose» chiariscono gli investigatori. Il provvedimento arriva pochi giorni dopo l'operazione Reset.

Le quattro persone arrestate sono Andrea Pradissitto, 31 anni, Simone Grenga, 34 anni, Ferdinando Ciarelli detto Furt, 57 anni e Ferdinando Ciarelli detto Macù di 38 anni. 

Secondo gli investigatori che da anni lavorano al caso l’omicidio del Moro è stato deliberato dal sodalizio criminale che fa capo alle famiglie Ciarelli e Di Silvio come risposta al tentato omicidio di Carmine Ciarelli, pilastro del clan vittima di un agguato la mattina del 25 gennaio 2010. Da quel momento si costituì un nuovo e più forte sodalizio fra le due famiglie che determinò un’immediata e spietata risposta criminale per riaffermare il proprio potere nei confronti di chi con quell'agguato davanti al bar aveva deciso di minarlo.

L’omicidio di Moro, freddato nella sua abitazione, fu solo una delle risposte del clan a chi tentava di affermarsi sul territorio come forza criminale alternativa, altrettanto feroce fu l'omicidio di Fabio Buonamano e il tentato omicidio di Fabrizio Marchetto, avvenuto circa un mese dopo, il 6 marzo 2010, e formalmente diretto a vendicare la morte di Ferdinando Di Silvio detto il “bello”, nonché, del tentato omicidio di Gianfranco Fiori, avvenuto il 6 giugno dello stesso anno perché ritenuto uno degli esecutori materiali dell’agguato nei confronti di Carmine Ciarelli.

Perché uccidere Moro? Perché aveva chiaramente manifestato l’intenzione di ribaltare il potere delle famiglie Rom, sostituendosi a loro, era considerato quindi un vero e proprio nemico del sodalizio.

Massimiliano Moro infatti, nel corso di una riunione operativa con i propri sodali, aveva deciso di avviare un’azione di forza nei confronti dei Ciarelli già nel 2007, e a seguito di uno schiaffo ricevuto da Carmine Ciarelli nel corso di una lite per un debito non ancora pagato, deciso di ucciderlo e di uccidere anche i suoi fratelli Ferdinando e Luigi.

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Il Gazzettino