La Oerlikon Graziano di Cascine Vica, alle porte di Torino, lo aveva licenziato al rientro in fabbrica otto mesi dopo un trapianto al fegato. I colleghi hanno subito...
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«È una vergogna essere trattati così dopo 27 anni. Io all'azienda ho dato davvero tanto», aveva detto ieri Forchione, 55 anni, di Rivoli, una moglie senza lavoro, dopo che la Oerlikon lo aveva licenziato al rientro in fabbrica otto mesi dopo un trapianto al fegato. «Mi hanno fatto una visita e mi hanno dichiarato inabile, mi hanno costretto a tre settimane di ferie forzate. Poi lunedì scorso mi è arrivata la lettera di licenziamento», ha raccontato.
«Sono un operaio universale, ci chiamano così ora. Ho sempre lavorato su tre turni. Dicono che ora non posso più fare il lavoro che facevo e non sanno che mansione affidarmi. Non c'è nessuna posizione per me, ero anche disposto a un demansionamento, avrei accettato di fare qualunque cosa, fotocopie in un ufficio o il fattorino». L'operaio aveva quindi annunciato una causa all'azienda per ottenere un risarcimento, mentre gli mancano ancora cinque anni alla pensione.
Fim, Fiom e Uilm ieri hanno proclamato subito uno sciopero di due ore su tutti i turni, a cui hanno aderito anche i lavoratori dello stabilimento di Luserna San Giovanni. È il terzo caso simile - accusano i sindacati - dopo quello di due delegati Fiom nelle fabbriche di Bari e di Sommariva Bosco. La Oerlikon Graziano, una azienda metalmeccanica, ha circa 700 dipendenti a Rivoli, oltre 1.500 in Italia.
Aveva parlato di « licenziamento indegno e gesto riprovevole» il presidente della Commissione Lavoro della Camera, Cesare Damiano. «Siamo di fronte a una ritorsione di stampo medievale. Un'azienda non può licenziare un dipendente solo perché ha subito un trapianto di fegato. Siamo di fronte a una decisione che ci fa fare un salto indietro di decenni», avevano commentato i parlamentari piemontesi M5S.
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Il Gazzettino