Napolitano lascia il Quirinale, si è dimesso. Grasso reggente

Napolitano lascia il Quirinale, si è dimesso. Grasso reggente
Napolitano si è dimesso, dopo nove anni ha lasciato il Quirinale commosso ma «sereno» per il lavoro fatto, assicurano i suoi collaboratori ancora sorpresi per un saluto...

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Napolitano si è dimesso, dopo nove anni ha lasciato il Quirinale commosso ma «sereno» per il lavoro fatto, assicurano i suoi collaboratori ancora sorpresi per un saluto particolarmente affettuoso del presidente.






Una stretta di mano e un inusuale bacio sulle guance a suggellare la chiusura definitiva di un rapporto professionale intenso ma sempre basato dal dovuto distacco che il ruolo richiede. Oggi no. Napolitano, il presidente uscente, ha potuto finalmente liberarsi un pò dal cerimoniale e non ha nascosto la propria emozione sfilando davanti ai suoi collaboratori più stretti schierati nel cortile d'onore del Quirinale, quasi sfidando visivamente la rigidità dei corpi militari schierati in alta uniforme sul lato opposto.



Accompagnato dalla moglie Clio che da mesi vigila sui troppi sforzi che l'alta carica richiede e più di lui ha mantenuto i contatti con la tanto amata casa nel rione Monti, Giorgio Napolitano ha quasi indugiato nell'entrare nella Thema presidenziale che lo avrebbe portato finalmente fuori dal «Palazzo». Un saluto al segretario generale Donato Marra (la sua ombra per nove anni), un ultimo sguardo al torrino del Quirinale e poi via in piazza del Quirinale, salutando la folla che lo aspettava, per compiere quelle poche centinaia di metri che lo separano da casa ma che oggi saranno sembrati un viaggio siderale.



Un viaggio però desiderato: «torno a casa», ha semplicemente detto a uno dei responsabili dei tanti reparti nei quali è diviso il Quirinale. «Certo che sono contento di tornare a casa», aveva detto anche ieri dando il senso di quanto ormai abbia metabolizzato una decisione presa da tempo. Irrevocabile, nonostante le non poche pressioni a prolungare il «servizio» ricevute nelle scorse settimane. Il premier Renzi, calendario alla mano, gli aveva strappato una settimana ma non di più. «Quello che personalmente mi ha colpito è stata l'estrema dignità di questo suo atto», ha commentato Pasquale Cascella suo portavoce nel primo settennato.



E soprattutto la lucidità del presidente nel riconoscere «il peso dell'età», nel non nasconderlo all'opinione pubblica. La giornata è iniziata presto. Già di buon ora il Quirinale era in fermento: i cavalli dei Corazzieri bloccavano via del Quirinale mentre i turisti ammiravano le divise e gli elmi scintillanti. Il presidente si è chiuso nel suo studio «alla vetrata» con i più stretti collaboratori. Alle 10.30, con la firma alla lettera delle dimissioni, è partito l'iter previsto. Marra è uscito per consegnare «brevi manu» le lettere al presidente del Senato Pietro Grasso, a quello della Camera Laura Boldrini e al premier Matteo Renzi. Poi l'attesa del suo rientro, un breve ritardo ingannato con un caffè con il figlio Giulio e la bandiera presidenziale ammainata. Poi la cerimonia di commiato: breve e sobria. Ma non c'è neanche il tempo di riflettere che Giorgio e Clio vengano risucchiati dal calore di Monti, rione al centro di Roma sospeso tra un passato fatto di bottegucce di artigiani e un futuro di ristoranti bio a chilometro zero. «Bentornato», gli urlano semplicemente sull'uscio di casa. Oggi un meritato riposo nell'appartamento che la moglie ha sempre tenuto in ordine e che recentemente è stato biancheggiato. Domani forse già un salto in Senato dove si discute l'Italicum. Poi sabato i vicini organizzeranno una piccola festa per il senatore a vita.
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Il Gazzettino