Nel tunnel del coma profondo per 29 anni. Una vita in stato vegetativo che, al contrario dei casi di Piergiorgio Welby e Luana Englaro, per non parlare addirittura...
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Madre di cinque figlie, 64 anni, si era sentita male il 25 gennaio del 1988 e da allora è stata ininterrottamente assistita dal marito Nazzareno, dalle stesse figlie Clara, Stefania, Benedetta, Noemi e Elisabetta e dalla sorella Antonina. Da bambine, le figlie sono tutte diventate adulte e hanno famiglia. Alcune sono sposate e a loro volta hanno figli, una ha adottato un bambino. Ma non si sono mai sottratte al compito di assistere Angela e non hanno mai dimenticato il messaggio ribadito dal papà. Ora come allora, quando avvenne il dramma: «Una vita umana resta tale fino a quando il Signore non la toglie». Così commenta la morte della moglie Nazzareno Moroni, diacono, catechista del Cammino Neocatecumenale, che non ha mai voluto staccare la spina.
Fu lui il primo ad assistere Angela quando, 29 anni fa, cadde a terra per le conseguenze di un’influenza che lei portava in piedi preparando la cena a suo marito e alle sue figlie. Nazzareno, allora studente di medicina all’Università di Chieti dove era approdato dopo i cinque anni allo Scientifico di Avezzano, le praticò il massaggio cardiaco e la respirazione bocca a bocca. Riuscì a farle ripartire il cuore e la portò all’ospedale di Chieti. Nonostante la lunga degenza, Angela non ha ripreso mai conoscenza. I medici avrebbero voluto prelevare gli organi. «Tanto non c’era più nulla da fare», dissero a Nazzareno. Ma per il marito Angela non avrebbe «mai smesso di vivere, per l’eternità». Se la riportò a casa e la curò amorevolmente opponendosi a ogni interruzione di assistenza. Decisione motivata pubblicamente con il rifiuto dell’eutanasia. Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino