Lo zaino sulla spalla, l’auricolare fisso nell’orecchio e in mano il telefonino che compulsa continuamente. Magrissimo, si guarda attorno. Le tracce degli eritrei...
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«NON VOGLIO SOLDI»
Abraham quando capisce che sta parlando con la stampa impallidisce, torna di corsa nel bar dove i suoi connazionali, che a Roma si sono integrati da anni, fanno da interpreti: ma non vuole parlare, né del viaggio dalla Libia sulla nave Diciotti, né del suo allontanamento dal centro “Mondo Migliore” ai Castelli Romani. «Vado in Germania dai parenti», ripete. «Non so nemmeno come uscire dall’Italia». Non vuole soldi per il viaggio. «Ce li ho». Traducono al bar: «Abraham teme di essere arrestato o, peggio, rispedito in Eritrea, dove c’è la dittatura». Nella lista degli “irreperibili” del “Mondo Migliore”, intanto, se ne aggiungono altri otto. In due, ieri, non sono più tornati nella parrocchia fiorentina di Scandicci che li aveva accolti. Sei, invece, si sono volatilizzati da Rocca di Papa proprio mentre mercoledì scoppiava il caso dei 50 migranti (su 100) scomparsi. Irreperibili dall’appello della mezzanotte, dopo avere pranzato, non si sono presentati per la cena e hanno lasciato la struttura sulla via dei Laghi.
I PERCORSI
Che fine hanno fatto? Sulla via dei Laghi ferma il pullman del Cotral che porta fino al terminal di Anagnina, oppure a piedi si può raggiungere la stazione di Marino per prendere il treno diretto a Roma Termini. C’è un punto di ritrovo dove, in via Cernaia, giurano che possono esserci o essere passati altri eritrei “in fuga”: il Jolly bar sulla via Prenestina. «È qui che si ritrovano i nostri connazionali prima di partire dalla stazione di Tiburtina». Proprio sei giovani eritrei sono stati segnalati nelle ultime 48 ore al Salaam Palace sulla via Collatina, una delle 92 occupazioni abusive nella Capitale per cui si preannunciano sgomberi imminenti. Un responsabile ammette: «La scorsa notte e il giorno prima ci sono stati dei passaggi di giovani eritrei. Ma ora non sono qui. C’è una regola: resta solo chi ha lo status di rifugiato o il permesso di soggiorno».
LA CEI
Quelli del Coordinamento Eritrea Democratica, che riunisce diversi gruppi della diaspora in Italia, ne sono sicuri: «La questione dei trafficanti non finisce in Libia, ed è una miniera d’oro».
Il Gazzettino