In Procura per chiarire tutto, escludendo ogni responsabilità. E per evitare soprattutto che le notizie sullo scontrini-gate possano in qualsiasi modo confondersi, nelle cronache...
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LO SFOGO
E il chirurgo dem di stare sulle cronache giudiziarie in questi giorni non ne ha alcuna voglia, ritiene profondamente ingiusto che la vicenda possa in qualche modo sovrapporsi, anche semplicemente per coincidenze di calendario, con i processi che riguardano i grandi scandali abbattutisi sull'amministrazione capitolina negli anni passati. In tanti gli avevano consigliato di non affrettarsi, visto che la Procura non ha ancora preso decisioni sul fascicolo aperto, ma lui ha deciso di presentarsi lo stesso a piazzale Clodio. Anche se questa mattina, all'udienza sul rito abbreviato che vedrà alla sbarra i primi cinque imputati, tra cui l'ex direttore generale dell'Ama, la presenza del sindaco è in forte dubbio. «Io sono stato il principale avversario di questa gente, che ora viene giustamente processata - si sfoga Marino - Mentre io, che ho la coscienza pulita, devo chiarire tutto per allontanare ogni minimo dubbio».
L'ATTESA
Ieri, per la prima volta da quando ha annunciato le sue dimissioni, Marino non è andato nel suo ufficio di Palazzo Senatorio, passando la giornata tra il suo appartamento e lo studio dell'avvocato Enzo Musco, che lo ha poi accompagnato in Procura. Tempo di rivedere tutti i punti critici che emergevano dagli esposti sulle spese di rappresentanza, presentati a piazzale Clodio dal Movimento 5 stelle e da Fratelli d'Italia, e riepilogare punto su punto le relative spiegazioni da fornire ai magistrati. Con lui il suo braccio destro Roberto Tricarico, l'esponente del “cerchio magico” che il primo cittadino continua a sentire più vicino in questo momento, e che lo ha seguito anche in Procura.
LA DEPOSIZIONE
Per oltre quattro ore Marino ha parlato di quelle cene, degli scontrini e di tutte le spese effettuate con la carta di credito intestata al Comune di Roma. Il sindaco ha respinto le accuse, consegnando la documentazione e sottolineando che «tutte le sottoscrizioni a mio nome in calce a tali giustificativi non sono autentiche, come può facilmente rilevarsi a occhio nudo». Nella sua ricostruzione il chirurgo ha cercato di fornire elementi utili a chiarire tutti i passaggi relativi all'utilizzo della carta di credito spiegando, a suo dire, che non c'è stata alcuna attività illecita. «Nella quasi totalità dei giustificativi - ha spiegato - si ricollega la causale della cena alla tipologia dell'ultimo appuntamento programmato nell'attività istituzionale della giornata». Sul fronte carte di credito, infine, ha spiegato che non era stato lui a chiederle e che «il riallineamento del plafond da 10 a 50 mila euro, come era nella precedente amministrazione, non è stato richiesto da me». In sostanza, ha concluso, non «ho mai utilizzato denaro pubblico per finalità estranee a quelle consentite». Le decisioni sul prosieguo dell'inchiesta, adesso, spettano ai giudici. Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino