Giuramenti stretti con il sangue, agguati in pieno giorno davanti ai bambini, estorsioni a tappeto alle attività economiche, dalle discoteche alle corse dei cavalli, alla...
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Decima in ordine di tempo nei confronti di questo gruppo criminale, ma anche nel senso di "decimazione", perché in 30 sono finiti in manette nella maxi-operazione della Dda di Bari che ha messo insieme gli atti giudiziari di undici diversi procedimenti penali. Dagli inquirenti, primo fra tutti il procuratore nazionale antimafia Federico Cafiero de Raho, l'appello a denunciare. Solo due degli imprenditori vittime delle estorsioni, infatti, hanno parlato. Lo stesso gip denuncia lo «stato di omertà assoluta», mentre «serve una rivoluzione culturale, perché non c'è crescita se non c'è libertà dal condizionamento mafioso». Gli esponenti della criminalità organizzata foggiana, appartenenti alle due «batterie» Sinesi-Francavilla e Moretti-Pellegrino-Lanza, non si fermavano davanti a niente: quattro bambini avrebbero assistito alla morte o al ferimento dei loro cari, uno di loro è stato ferito nell'agguato al nonno.
La capacità di infiltrarsi con la violenza e le armi in tutti i settori dell'economia foggiana è arrivata al punto di imporre l'ingaggio di giocatori al Foggia Calcio, quando militava in Lega Pro, tra i quali il figlio del defunto boss Rodolfo Bruno: tutto ciò a fronte dell'atteggiamento «pavido» - scrive il gip - dell'allora direttore sportivo Giuseppe Di Bari e del mister Roberto de Zerbi, ora allenatore del Sassuolo. I due, «lungi da denunciare, come dovrebbe fare ogni vittima di estorsione, hanno preferito in maniera pavida accettare supinamente le richieste formulate, abiurando anche a quei valori di lealtà e correttezza sportiva che dovrebbe ispirare la loro condotta».
Per non avere intralci nelle loro attività illecite, gli esponenti della «Società» avrebbero anche progettato di uccidere un poliziotto, un «bastardo» da «sparare in testa».
Il Gazzettino