Una frode fiscale da 120 milioni di euro, il sequestro di beni per quasi 22 milioni di euro, sei ordinanze di custodia cautelare con arresti domiciliari e 25 indagati tra Marche,...
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Con lui altre cinque persone, in Puglia, Campania e Lazio, tutte con compiti specifici. Il carburante veniva prelevato in una raffineria in Slovenia, in media 40 autobotti al giorno, e finiva in un deposito a Serralta di San Severino, dove Colotti aveva un'azienda di trasporti con una cisterna regolarmente registrata. L'inchiesta è partita nel 2015 e ha ricostruito la complessa ramificazione societaria costituita ad hoc per ostacolare l'accertamento della frode con la partecipazione di un elevato numero di persone (25 gli indagati). Lo schema della gigantesca frode fiscale, una delle più ampie e articolate mai scoperte negli ultimi anni nel settore dei prodotti petroliferi, prevedeva, infatti, che il carburante effettuasse due "viaggi" differenti: uno fisico, con cui il prodotto, partendo dall'estero raggiungeva direttamente i depositi di stoccaggio ubicati a San Severino Marche, Cava dè Tirreni (Salerno), Capriva del Friuli (Gorizia), Fiumicino (Roma), Mirano (Venezia) e Monselice (Padova), per poi essere velocemente inviato presso i distributori stradali.
E un viaggio "cartolare", più tortuoso di quello fisico, ma fiscalmente e indebitamente vantaggioso.
Il Gazzettino