Dietrofront. La pattuglia grillina incassa il rifiuto dei liberali europeisti e torna tra le braccia di Nigel Farage, l'istigatore della Brexit. Tramontata l'era dello...
OFFERTA SPECIALE
OFFERTA SPECIALE
OFFERTA SPECIALE
Tutto il sito - Mese
6,99€ 1 € al mese x 12 mesi
Poi solo 4,99€ invece di 6,99€/mese
oppure
1€ al mese per 3 mesi
Tutto il sito - Anno
79,99€ 9,99 € per 1 anno
Poi solo 49,99€ invece di 79,99€/anno
Insomma chi si aspettava animosità, ostilità o freddezza è rimasto deluso. Sia Grillo che Farage avrebbero invece dato prova di grande realismo, al limite della sterilità emotiva. Non sono volate parole appuntite. E Casaleggio, atteso invano ieri a Roma, era ancora troppo provato per il suo esordio maldestro sulla scena europea per alimentare altre suggestioni. «Sono felice di dire che qualsiasi differenza tra il M5S e me è stata risolta in modo amichevole - ha spalancato le braccia Farage. Facile immaginare il sorriso sornione di Farage nell'annunciare che ci saranno «alcuni cambiamenti amministrativi». «A Strasburgo continueremo il nostro lavoro insieme nell'Efdd, la campagna di Beppe Grillo per un referendum sull'appartenenza dell'Italia all'eurozona sta crescendo - ha continuato il leader dell'Ukip - ammiro da tempo il suo lavoro in Italia e gli auguro di avere fortuna, la campagna anti-establishment in Europa è appena agli inizi».
A CANOSSA
Aver dissipato una consistente quota di credibilità non sembra essere d'altro canto un problema per Grillo. La base è in fermento. Il maldipancia cresce. La porta in faccia ricevuta dai liberali dell'Alde, «il gruppo di Mario Monti, colui che ha definito la Grecia il più grande successo dell'Euro», fa male. Che la scelta di tornare a Canossa sia dettata da motivi economici è di evidenza chirurgica. Anche se il comico genovese nega. Sul suo blog afferma che «le carte fatte circolare non ci appartengono». Giura di non aver firmato «nessun contratto», ma solo «un elenco di punti comuni e di contrasto». E rinnova l'attacco all'ex premier belga Verhostadt, che oggi «si propone come negoziatore per la Brexit» ma «dovrebbe solo vergognarsi, perché da meschino si è piegato alle pressioni dell'establishment».
Più che una svolta, quella del vertice grillino è una giravolta su stesso. Sul fondo resta l'immagine sgranata del fallito accordo. Anche se ora Grillo rilancia il referendum popolare sulla moneta unica e rinnova le critiche ai trattati internazionali come il Ttip, il Ceta e il conferimento del Mes alla Cina. E per compiacere fino in fondo l'amico ritrovato alza la voce contro «immigrati irregolari» e «falsi profughi» che, dice, «vanno rapidamente espulsi» mentre va accolto solo chi ha diritto d'asilo e integrati gli immigrati regolari. C'è spazio e tempo anche per una sviolinata alla Russia di Putin, «un partner economico e un alleato contro il terrorismo, non un nemico».
L'AUTOCRICA
Domanda. Che Nigel Farage abbia avuto su Grillo e Casaleggio jr un effetto ipnotizzante? «Era una questione tecnica, il Parlamento europeo funziona così», prova a salvarsi in corner la deputata Laura Castelli. E gli iscritti che avevano votato online a favore del passaggio all'Alde? «Non credo che un persona che ha partecipato ad un processo di democrazia diretta possa sentirsi delusa». Autocritca, questa sconosciuta. «Io la faccio - prosegue e conclude la Castelli - ci mancherebbe, ma non è stata una mossa spregiudicata perché non sono mai stati messi in discussione i punti del nostro programma: fiscal compat, euro, eccetera eccetera. Era una proposta che è stata messa sul blog ed è stata votata. Tutto qui». Ma sul web l'ira cresce.
Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino