Lotti, il Senato boccia la sfiducia con 161 no

Con 161 no e 52 sì, il Senato respinge la mozione di sfiducia a Luca Lotti, presentata da M5S con l'obiettivo di far dimettere il ministro dello Sport per...

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Con 161 no e 52 sì, il Senato respinge la mozione di sfiducia a Luca Lotti, presentata da M5S con l'obiettivo di far dimettere il ministro dello Sport per l'inchiesta Consip denunciando «il sistema Renzi». Il fedelissimo dell'ex premier, in aula insieme a numerosi ministri del governo, respinge «con determinazione» tutte le accuse, nega di «aver rivelato segreti» e denuncia la strumentalizzazione di chi lo usa «per liquidare la stagione riformista» renziana. Una difesa che ottiene il sostegno della maggioranza, a parte i bersaniani che non partecipano al voto, e la «neutralità» garantista di Fi che rinuncia al voto. Solitamente schivo, lontano da riflettori e interviste, Lotti supera la sua natura per presentarsi, fogli in mano, nell'aula di Palazzo Madama.


Un discorso di poco più di dieci minuti per respingere «la gogna mediatica» e attaccare «il garantismo ad intermittenza» dei grillini. M5S, pur sapendo che i numeri dell'Aula sono dalla parte del ministro, non rinuncia all'affondo mentre il blog di Grillo, a colpi di hastag #tornaAcasaLotti, trasmette la diretta tv. «Se è calunniatore Marroni - incalza la grillina Taverna - perché lasciarlo al suo posto al capo degli appalti pubblici? Marroni ha detto che non intende ritrattare e allora o è un bugiardo Lotti oppure è un bugiardo Marroni: per logica uno dei due dovrebbe andare a casa». A parte i brusii che si levano dai banchi della maggioranza quando Taverna accusa la maggioranza di «essere incollata alla poltrona e alla pensioncina», la seduta scorre veloce come la chiama finale alla quale partecipano solo 215 senatori.


Nel suo intervento, Lotti non si limita a respingere le accuse. Per la prima volta usa il termine «calunnia» per le affermazioni dell'ad di Consip Luigi Marroni. «I magistrati hanno avuto da me tutta la documentazione, incluse le agende, i miei spostamenti, gli ingressi nel mio ufficio», afferma il ministro sfidando il dirigente a dimostrare quando gli avrebbe rivelato l'esistenza di un'indagine su Consip. «Sostenerlo significa incorrere nel reato di calunnia», afferma accusando chi gli chiede un passo indietro di essere «culturalmente subalterno e politicamente scorretto». Una frecciata non tanto ai grillini quando agli ex compagni di partito, i bersaniani di Mdp che oggi non votano la sfiducia ma chiedono al premier Paolo Gentiloni di togliere le deleghe, soprattutto quella del Cipe, a Lotti. Ma, al di là del pressing politico, la sensazione diffusa è che, difendendo a spada tratta il fedelissimo di Renzi, il Pd abbia deciso di scaricare Marroni. La scorsa settimana il ministro dell'Economia Pier Carlo Padoan, oggi anche lui in aula con altri ministri, lo aveva difeso ma tra i dem in pochi adesso scommettono su una sua riconferma al vertice della centrale degli acquisti della pubblica amministrazione in vista della prossima tornata di nomine nelle partecipate.
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Il Gazzettino