Legittima difesa, arriva il sì della Camera: dubbi 5 stelle

Matteo Salvini
Matteo Salvini a braccia larghe seduto tra i banchi del governo, davanti a lui alcuni sottosegretari leghisti e negli scranni del Movimento 5 Stelle 32 assenti non giustificati e...

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Matteo Salvini a braccia larghe seduto tra i banchi del governo, davanti a lui alcuni sottosegretari leghisti e negli scranni del Movimento 5 Stelle 32 assenti non giustificati e gli altri che sembrano «il coro muto della Butterfly», come li ha definiti l'ex ministro della Giustizia Andrea Orlando. Sono i fotogrammi clou del disegno di legge sulla legittima difesa che, arrivato alla Camera nel pomeriggio di martedì, marcia spedito grazie ai tempi contingentati (un minuto a deputato) e nonostante i mal di pancia che agitano ancora il Movimento anche se tenuti a bada, finora, nel voto ai singoli articoli ed emendamenti.


Tutti bocciati e in modo compatto nella maggioranza, tranne per un emendamento del Pd passato con il voto segreto e qualche franco tiratore. Cronaca di un'approvazione annunciata, forzata ma non facile per il provvedimento che la Lega rivendica e difende anche con la presenza in Aula del suo segretario e ministro dell'Interno (a inizio seduta e poi per qualche minuto, immortalato in una foto postata sui social) e che può contare sui voti favorevoli di Forza Italia e Fratelli d'Italia. Tra i banchi dell'alleato di governo invece restano dubbi e perplessità. Alcuni sono stati espressi in un 'dossier' di cui si vocifera tra i corridoi di Montecitorio e che sarebbe stato preparato da deputati della commissione Lavoro della Camera.

Non convince in particolare l'articolo 1 del ddl che, modificando la normativa esistente ex articolo 52 del codice penale, vorrebbe considerare «sempre» sussistente la proporzionalità tra difesa e offesa nei casi in cui una persona respinga con le armi (o «altri mezzi di coazione fisica») l'intrusione in casa di un presunto aggressore. Il dubbio maggiore sta nella novità dell'avverbio «sempre» che i 'dissidentì 5S temono possa diventare una presunzione costituzionalmente illegittima. Riserve che nemmeno alcuni fedelissimi di Di Maio negano ufficialmente, riducendole però a frange fisiologiche vista la delicatezza dell'argomento, e forti del voto finora comune con la Lega.

Unico traballamento su un emendamento all'articolo 1 presentato dal deputato Dem Alfredo Bazoli e respinto con 366 no e 125 sì. Ma sommando i 92 voti del Pd (92) e i 12 di Liberi e uguali, si arriva a 104. Aggiungendo quelli del gruppo Misto (che ha posizioni diverse all'interno) si tocca quota 119. Quindi, considerando anche gli assenti 5S, è probabile che ci siano stati almeno una decina di franchi tiratori. Un copione che potrebbe ripetersi al Senato: il ddl deve tornarci dal 26 marzo per la terza lettura e anche lì qualche rischio c'è. Intanto alla Camera l'esame è andato avanti veloce fino alle 20 e riprenderà mercoledì alle 11 con meno della metà degli articoli da discutere.


«Presto regaleremo agli italiani la nuova legge sulla legittima difesa», assicura con entusiamo Salvini su Facebook. Il dibattito in Aula è stato animato soprattutto dallo scontro tra Pd e Forza Italia, in mezzo al silenzio dei 5 Stelle che non sono intervenuti. I Democratici dicono no al provvedimento perché ritenuto inutile («non sono più di 4 o 5 all'anno i casi di persone che vanno a giudizio per legittima difesa e tutti vengono archiviati», ricorda Bazoli) e pericoloso per il rischio di bypassare la valutazione dei giudici. Posizione opposta per Forza Italia che anzi sottolinea la quasi paternità del ddl: «È la prima cosa che ha l'idea di essere di centrodestra», rimarca il vicepresidente e presidente del Parlamento europeo Antonio Tajani ricordando che «FI fin dall'inizio ha fatto carte false perché si portasse avanti questo tema».
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Il Gazzettino