Legge di stabilità, la svolta nei conti: metà della manovra finanziata in deficit

Legge di stabilità, la svolta nei conti: metà della manovra finanziata in deficit
Dal punto di vista dei numeri, è sicuramente una svolta. Oltre metà della copertura della legge di Stabilità per il 2016 deriva da quella che viene chiamata flessibilità...

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Dal punto di vista dei numeri, è sicuramente una svolta. Oltre metà della copertura della legge di Stabilità per il 2016 deriva da quella che viene chiamata flessibilità europea: concretamente un aumento del deficit del prossimo anno, rispetto alle previsioni tendenziali. Sono circa 14,6 miliardi su poco meno di 27; la proporzione crescerebbe ancora se si dimostrasse praticabile l'ulteriore sconto legato all'emergenza immigrazione, con altri 3,1 miliardi su una manovra complessiva che sfiorerebbe i 30.


Di solito le manovre autunnali, che ora si chiamano leggi di Stabilità ma fino a pochi anni fa erano note come Finanziarie, servono a migliorare i conti, a ridurre il disavanzo di bilancio. Questa è stata a lungo la prassi, una prassi ancora più vincolante da quando il nostro Paese con l'ingresso nell'euro si è sottoposto ai parametri sempre più rigidi (almeno sulla carta) del Patto di Stabilità.



La sequenza di strette e correzioni dei conti per la verità si era già interrotta lo scorso anno, ma solo in parte. O meglio, in misura minore di quanto il governo avrebbe desiderato. L'idea, messa nero su bianco nella prima versione della legge di Stabilità e nel Draft budgetary plan inviato a Bruxelles, era portare il rapporto deficit/Pil dal 2,2 al 2,9 per cento, dunque con una spinta espansiva pari a circa 11 miliardi. Ma la Commissione disse no: il nostro Paese in quel modo si sarebbe allontanato troppo dal suo percorso verso il pareggio di bilancio. Seguirono contatti e lettere ed alla fine fu trovato un classico compromesso a metà strada, con il deficit italiano autorizzato a lievitare fino al 2,6 per cento del Pil. E poco tempo dopo, a gennaio, arrivò quella comunicazione sulla flessibilità (frutto del lavoro diplomatico di Pier Carlo Padoan) che pur senza intaccare le regole dei Trattati ha formalizzato il quadro giuridico nel quale il nostro Paese aveva già iniziato a muoversi.



IL CONTESTO


Quest'anno i numeri, almeno in partenza, sono ancora più rilevanti. Ma soprattutto è diverso il contesto: la precedente legge di Stabilità era stata concepita in un momento in cui l'Italia navigava ancora in recessione, avendo fatto tra l'altro previsioni molto caute sull'andamento del Pil nel 2015. Ora invece la via della crescita è stata ritrovata e le stime sull'economia italiana sono riviste verso l'alto; qualcuno addirittura parla di una performance che potrebbe superare quella tedesca. In un quadro del genere, la manovra ideata dal governo italiano si presta ad essere definita, in termini tecnici “pro-ciclica”: una manovra cioè in cui il ricorso al deficit non serve a tentare di invertire il ciclo sfavorevole, ma asseconda invece quella che dovrebbe essere una tendenza già in atto. Il concetto di pro-ciclicità non è particolarmente ben visto a Bruxelles, dove invece si dà un'interpretazione ben precisa del Patto di stabilità flessibile: l'eventuale allentamento nei tempi difficili per l'economia deve poi essere recuperato quando le cose vanno bene, con comportamenti ancora più virtuosi. Nella Nota di aggiornamento al Def il ministero dell'Economia ha citato, come fattori che possono giustificare la deviazione rispetto agli obiettivi, il rischio di deflazione e il possibile rallentamento dei Paesi emergenti. Tra poche settimane sapremo se basteranno per convincere la commissione.

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Il Gazzettino