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«Il potenziale altamente infiammabile del liquido adoperato, il quantitativo versato, l'aver intriso gli organi vitali e tutto il corpo ed i vestiti della persona offesa rendono con evidenza, l'idoneità in concreto dell'atto compiuto dall'imputato». Così il giudice del Tribunale dell'Aquila, Marco Billi nel motivare la condanna a 13 anni di reclusione per D.T. di 44 anni, rumeno, residente in città (assistito dall'avvocato Massimo Costantini) accusato di tentato omicidio aggravato dai futili abietti motivi nei riguardi della sua ex compagna, assistita dall'avvocato Maria Teresa Di Rocco.
Nel motivare la dura condanna, il magistrato ha evidenziato come l'imputato avesse scelto con cura, orario e luogo in cui gettare un litro e mezzo di benzina sul corpo della malcapitata, «in uno spazio fisico che riduceva al minimo le possibilità di fuga della persona offesa o l'intervento di qualche soccorritore, in assenza di una fontana» che avrebbe potuto ostacolare il delitto.
E mentre la parte offesa lo implorava lo stesso avrebbe detto: «Ci potevi pensare, io ti do' fuoco». Circostanze sempre secondo Billi che «chiariscono in modo inequivocabile come le frasi proferite dall'imputato al momento del fatto fossero l'autentica esternazione di una effettiva intenzione omicidiaria e non l'ostentazione con finalità minatoria di un proposito in realtà insussistente». Sulle aggravanti particolari rilievo è stato dato dal giudice nella mancata accettazione di una relazione sentimentale che appare generalmente un motivo futile rispetto ad una intenzione criminosa omicidiaria. Movente spregevole e ignobile, secondo il giudice, che desta un profondo senso di ripugnanza.
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