Job Act, passa Camera non senza contestazioni. Ora la parola al Senato

Job Act, passa Camera non senza contestazioni. Ora la parola al Senato
Il voto sul Job Act alla Camera è arrivato con la riforma del lavoro...

OFFERTA SPECIALE

2 ANNI
99,98€
40€
Per 2 anni
ATTIVA SUBITO
OFFERTA MIGLIORE
ANNUALE
49,99€
19€
Per 1 anno
ATTIVA SUBITO
 
MENSILE
4,99€
1€ AL MESE
Per 3 mesi
ATTIVA SUBITO

OFFERTA SPECIALE

OFFERTA SPECIALE
MENSILE
4,99€
1€ AL MESE
Per 3 mesi
ATTIVA SUBITO
 
ANNUALE
49,99€
11,99€
Per 1 anno
ATTIVA SUBITO
2 ANNI
99,98€
29€
Per 2 anni
ATTIVA SUBITO
OFFERTA SPECIALE

Tutto il sito - Mese

6,99€ 1 € al mese x 12 mesi

Poi solo 4,99€ invece di 6,99€/mese

oppure
1€ al mese per 3 mesi

Tutto il sito - Anno

79,99€ 9,99 € per 1 anno

Poi solo 49,99€ invece di 79,99€/anno
Il voto sul Job Act alla Camera è arrivato con la riforma del lavoro che è passata a Montecitorio con 316 sì e 6 no. Un risultato che è arrivato senza far ricorso al voto di fiducia, e con modifiche rispetto al testo del Senato. Il provvedimento torna adesso a al Senato per il via libera definitivo. In voto che non è stato per nulla semplice visto che il pomeriggio alla Camera è stato condito da non poche discussioni con l'agitazione negli animi. E' dallo stesso PD che sono arrivate le contestazioni riforma del lavoro con trenta deputati del Partito di Matteo Renzi che prima del voto finale si sono riuniti per decidere cosa fare. I parlamentari “dissidenti” hanno motivato le proprie ragioni in documento in cui spiegavano di non essere soddisfatti delle modifiche apportate alla Camera. A capo della contestazione Cuperlo da una parte eCivati dall'altra che se sono stati uniti contro il Job act anche se erano concordi sul come contrastare la riforma del lavoro con Cuperlo propenso per lasciare l'aula al momento della votazione mentre Civati fino alla fine era stato del parere che fosse stato meglio dire no ad una legge per nulla convincente. L'ala dura della minoranza PD si è divisa così con la maggior parte dei deputati che non hanno partecipato al voto e un gruppo più sparuto che ha votato contro. I seguaci di Civati dunque hanno votato no, mentre Job Act il gruppo più nutrito di Cuperlo non ha preso parte alla votazione. Cuperlo da parte sua, prima del voto, ha motivato così la decisione “noi non ci sentiamo di esprimere un voto favorevole sul Job Act, il punto a cui si è arrivati non è soddisfacente. Il problema non è come licenziare ma come assumere”. Della stessa opinione Stefano Fassina che ha spiegato che pur essendo dalla parte della maggioranza, ha detto no a “questa delega”. Di tutt'altro avviso Pier Luigi Bersani: che ha votato sì al Job Act, “per disciplina”. Un 'appello all'unità, invece, prima del voto è arrivata dal presidente del PD Matteo Orfini. “Faccio un ultimo appello all'unità del PD...Abbiamo raggiunto una larghissima unità sul testo, spero che per rispetto della discussione fatta, dei cambiamenti apportati, del lavoro di ascolto reciproco e della nostra comunità, si voglia fare tutti un ultimo sforzo in Aula”.
Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino