«Questa è una sequenza che continua ed è presto per rilassarsi», ha detto all'Ansa il presidente della Commissione Grandi Rischi, Sergio Bertolucci,...
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Sul rischio di nuovi sismi è intervenuto anche l'Ingv: «Non sappiamo quanta possa essere l'energia ancora da liberare, ma è più che legittimo dire che non è da escludere un evento più importante, ma non è possibile dire quando», ha detto all'Ansa il presidente dell'Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (Ingv), Carlo Doglioni.
Nella zona colpita dai quattro terremoti di magnitudo superiore a 5 del 18 gennaio, ha detto ancora Doglioni, «si è riscontrata delle sismicità alla fine del 2009 e poi una sorta di lacuna tra questa zona e la parte più meridionale. In questa zona di silenzio sismico era da attendersi che quel volume si sarebbe attivato, con quei 4 eventi. Ora non sappiamo quanta energia resti la liberare».
La zona colpita, ha detto ancora, «è potenzialmente instabile perché gli elementi adiacenti si sono mossi di recente», ha aggiunto riferendosi al terremoto del 2009: «sulla scala dei tempi geologica - ha rilevato, sette anni sono un istante».
E dall'Istituto viene lanciato un appello: «L'Ingv fa monitoraggio di vulcani e terremoti, purtroppo i finanziamenti insufficienti per farlo vivere, siamo in bolletta», dice Carlo Doglioni. «È talmente importante studiare la Terra - ha aggiunto Doglioni - che non si capisce perchè non si voglia investire di più per capire come funziona il nostro pianeta». C'è disparità, secondo il presidente dell'Ingv, tra i finanziamenti assegnati all'ente che presiede e ad altri enti pubblici di ricerca. «Eppure - ha rilevato - studiare il comportamento di terremoti e vulcani non è meno importante di altri settori di ricerca, anche in termini di applicazioni concrete». Ma portare avanti progetti di ricerca in questo momento è davvero molto difficile perchè, ha aggiunto, «i fondi dell'Ingv non bastano a coprire le spese, non riusciamo a pagare gli stipendi e il mantenimento delle strutture e non abbiamo soldi per i progetti di ricerca».
Per Doglioni «un ente di ricerca normale non può trovarsi con un bilancio in rosso, deve avere un bilancio che permetta di fare ricerca», senza parlare delle «400 persone precarie, 150 delle quali sono ricercatori a tempo determinato, che non sanno che cosa succederà a fine contatto. È una situazione che ho ereditato e per la quale sto cercando di proporre soluzioni alternative». Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino