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«Quello di Biden è un discorso di fierezza e fermezza delle democrazie, contrapposto agli incubi etici di Putin». Giampiero Massolo, già capo dei servizi segreti e segretario generale del ministero degli Esteri, definisce quello del presidente russo «un discorso di propaganda politica che non dice nulla di nuovo su cause e responsabilità della guerra e peraltro, come ha detto il presidente Meloni, è smentito dai fatti».
Meloni a Bucha e Kiev, la corona di fiori e le lacrime del premier
Nessun elemento di novità?
«Solo due. Il primo è che finora abbiamo assistito a molta ambiguità sulle linee rosse varcate le quali vi sarebbero per Putin conseguenze da fine del mondo. Ieri ha ripetuto che in sostanza si identificano col mantenimento dell’integrità territoriale della Russia, ma in relazione, e questa è la novità, alla fornitura di armi a lunga gittata in grado di colpire il territorio russo. Un evidente ammonimento, brutale nella formulazione, a fronte di una grande avvedutezza dell’Occidente nel fornire armamenti. L’altra novità è il congelamento del trattato Start, l’ultimo grande accordo per l’equilibrio delle armi nucleari strategiche, che scade nel 2026 e a più riprese era stato interrotto e ripreso. Che Putin non ne esca ma lo congeli, significa che non vi saranno immediate conseguenze operative, ma sicuramente tocca i nervi scoperti delle opinioni pubbliche occidentali».
Putin ha anche annunciato nuovi test nucleari…
«Ha anche detto che la Russia non ricorrerà al nucleare, se non lo faranno gli occidentali».
Ha dimostrato forza o debolezza?
«Putin è entrato in una logica di lungo termine. È convinto che il numero dei suoi soldati e le possibili contraddizioni in campo occidentale potranno essere da lui sfruttate per avvantaggiarsi. Sa anche di poter contare su un arsenale consistente, per quanto obsoleto e in mano a forze armate poco coordinate, massive e non selettive negli attacchi, tanto da spargere molto sangue.
Putin contesta la degenerazione dell’Occidente…
«Linguaggio che va letto in chiave storico-culturale. Non mi meravigliano i propositi di superiorità morale proclamati da Putin. Che la Russia non si riconosca nell’ordine mondiale liberale lo sapevamo. Ci avevamo sperato, dopo la caduta del Muro, ma la Russia si è dimostrata una brutale potenza revisionista: uno Stato fallito, basato sull’industria bellica e sulle estrazioni energetiche, su cui Putin ha scommesso. Ma Biden passeggia per le strade di Kiev, la Nato si espande ai confini della Russia con Finlandia e Svezia, e l’Ucraina è indomita: chiaro che Putin ha perso la scommessa».
Internamente gode ancora di consenso?
«A parte i bastioni dell’apparato di sicurezza e militare, c’è una dose di consenso nella sua opinione pubblica, stimolato dalla corda nazionalista e della supremazia morale. Ma dopo un anno di guerra gli USA possono permettersi di considerare Kiev sufficientemente sicura per mandarci il Presidente. Una grandissima dimostrazione di forza. Quella di Putin è la solitudine dell’autocrazia contrapposta alla forza del presidente americano che la riafferma in piazza a Varsavia. La forza della democrazia». Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino