Governo, via libera al Recovery Plan: Iv si astiene. Scontro sul Mes, Conte in bilico

Nel giorno che segna l’atteso varo del Recovery Plan che, come ha detto Sergio Mattarella, dovrà garantire «la rinascita del Paese», all’appello...

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Nel giorno che segna l’atteso varo del Recovery Plan che, come ha detto Sergio Mattarella, dovrà garantire «la rinascita del Paese», all’appello mancano i «costruttori» invocati dal capo dello Stato. Giuseppe Conte, con una mossa concordata con i 5Stelle, ha provato a cancellare l’ipotesi di un nuovo governo (l’ormai famoso Conte-ter). E Matteo Renzi ha promesso che oggi aprirà formalmente la crisi, facendo dimettere le ministre di Italia viva. Ma come sostengono e sperano Nicola Zingaretti e Dario Franceschini, «la partita non è chiusa»: «Tutto è ancora possibile».

Insomma, l’assurda giostra della crisi ai tempi del Covid è appena cominciata. Anche perché, in piena pandemia, il collasso dell’esecutivo rosso-giallo bloccherebbe il decreto “ristori”, le nuove misure per fronteggiare il virus e i primi passi verso l’attuazione del Recovery Plan da 209 miliardi. Non a caso a sera Conte fa trapelare: «Ho detto lunedì che lavoro per costruire e continuerò a farlo». E’ il segno che si potrebbe andare verso una crisi lampo e pilotata, a condizione che Italia viva oggi rinunci allo strappo.

Ma andiamo con ordine. Poco prima di pranzo da palazzo Chigi esce un ultimatum: «Se Renzi si assumerà la responsabilità di una crisi di governo in piena pandemia, per il presidente Giuseppe Conte sarà impossibile rifare un nuovo esecutivo con il sostegno di Iv». 
L’obiettivo del premier: bocciare l’ipotesi del Conte-ter e spingere il senatore di Rignano a tirare il freno. Niente dimissioni di Teresa Bellanova ed Elena Bonetti. E, soprattutto, basta richieste sul Mes «che non ha i numeri in Parlamento». Ma Renzi tiene il punto, pur rinviando a oggi la resa dei conti: «Non ci interessano le poltrone, le nostre ministre domani lasceranno».

«Io ho la coscienza a posto», fa trapelare nel frattempo Conte, «ho detto di essere pronto a fare un corposo rimpasto, di cedere la delega ai Servizi, ho modificato il Recovery Plan come richiesto. Ma Renzi continua ad alzare il prezzo, fino a chiedere la testa di Bonafede per mettere la Boschi alla Giustizia. Inammissibile!». C’è anche del non detto nella mossa del premier: il no al Conte-ter con due vice, il dem Goffredo Bettini sottosegretario alla Presidenza, la delega ai Servizi nelle mani di Luciana Lamorgese, più peso ai renziani nel governo, avrebbero rappresentato (e potrebbero ancora rappresentare) per un forte ridimensionamento per l’avvocato.

 

 

Ecco il perché della frenata sul ter. Ed ecco perché agli occhi di Conte c’è solo un passo indietro del leader di Italia viva: la rinuncia a ritirare le due ministre. Per poi trattare sul nuovo governo. O, in alternativa, andare alla prova di forza in Senato per vedere se ha i numeri per tirare avanti senza i renziani. Nelle ultime ore in Senato sono fioccate le candidature di “responsabili”. Ma l’operazione, nonostante un presunto patto tra Gianni Letta e Goffredo Bettini, marcia a fatica, i numeri sicuri ancora non ci sono. Tanto più che dal Pd arriva un altolà a ogni operazione che possa portare a una «maggioranza raccogliticcia, sotto ricatto di transfughi di varia natura e origine».

A maggior ragione Renzi - che riconosce «un miglioramento del Recovery Plan, ma manca il Mes» - non si mostra spaventato: «Se Conte ha preso questa linea, evidentemente è convinto di avere i numeri in Senato e va bene così, si chiama democrazia parlamentare e noi si va all’opposizione». Però lo stesso leader di Iv, che rinvia a oggi pomeriggio la conferenza stampa dello strappo, non chiude la porta all’ipotesi di una mediazione in extremis: «Se Conte fa una mossa, si andrà a vedere...».

Di certo, c’è che ancora si tratta a dispetto della schermaglia notturna in Consiglio dei ministri dove, come annunciato da Renzi, la Bellanova chiede il Mes ricordando i morti per Covid. Dura la reazione di Conte, spalleggiato dai ministri Roberto Gualtieri e Roberto Speranza: «Il Mes non c’entra nulla con il Recovery Plan. E soprattutto ti invito a non speculare sul numero dei decessi per invocare l’attivazione del Mes», con «un accostamento che offende la ragione e anche l’etica».

Altrettanto certo è che tutti temono le elezioni in piena pandemia. Tant’è che se i cocci rosso-gialli non dovessero essere ricomposti e non saltassero fuori “responsabili” in numero sufficiente, l’epilogo più probabile sarà un governo tecnico. Ma di breve durata: «Giusto il tempo di superare il picco dell’epidemia, poi tra maggio e giugno si vota», dice un ministro del Pd.
 

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Il Gazzettino