Governo Conte bis, la mossa del premier per dare un'anima alla nuova coalizione

«Ma come, sino a qualche giorno fa eravamo al governo insieme. Si facevano le riunioni e ora ci insulta. E quegli altri che prima ci attaccavano ora battono le mani»....

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«Ma come, sino a qualche giorno fa eravamo al governo insieme. Si facevano le riunioni e ora ci insulta. E quegli altri che prima ci attaccavano ora battono le mani». Giancarlo Giorgetti, ex sottosegretario leghista alla presidenza del Consiglio, è sconcertato ma anche sollevato. A sorprenderlo sono state le parole di Giuseppe Conte che nella replica ha usato parole durissime contro la Lega e Matteo Salvini. A tutti gli effetti un secondo tempo del film visto il 20 agosto a palazzo Madama e che, ieri come allora, spiazza un Luigi Di Maio silente e immobile come una sfinge.


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IL TIFO
Ma a Conte servono soprattutto gli attacchi della Lega che, in questo avvio della stagione giallo-rossa, fungono da collante di una maggioranza tutta da sperimentare. Ed infatti il premier quasi li provoca inanellando una serie di durissime accuse che scatenano la reazione leghista e compattano i banchi di M5S e Pd. «Conte come Rocky Balboa - twitta la dem Patrizia Prestipino - reagisce ai ganci del russo (Salvini ndr) e con una scarica di colpi lo butta giù». Soddisfazioni trasversali di una tifoseria ormai gemellata e che alla fine del discorso di replica del premier, si alza in piedi spellandosi le mani. «Vedrete, funzionerà, funzionerà», sostiene Federico D'Incà, ministro grillino per i Rapporti con il Parlamento mentre si allontana dall'aula.
Il problema è se e come il M5S riuscirà a passare dalla formula del contratto, che comunque teneva distante il socio di governo e il suo programma, allo schema dell'alleanza che disegna un destino comune di M5S e Pd. Conte, ben consapevole di essere parte importante di questo destino comune, ha dimostrato ieri in aula di voler giocare su questa sfida tutte le sue carte.
«Noi già stiamo svolgendo un ruolo da cerniera», sostiene Loredana De Petris, senatrice di Leu, che al momento delle consultazioni per la formazione del governo aveva avuto modo di spiegarlo a Conte. Aver recuperato a palazzo Madama il voto dei senatori grillini dissidenti (Nugnes, Martelli, De Falco), è importante, ma ancor più rilevante sarà trovare il meccanismo che dovrebbe portare a trovare intese riducendo al minimo le tensioni. «Attivare tutti i canali di dialogo» è la mission che Dario Franceschini affida ai ministri Dem nella riunione che il coordinatore del Pd tiene nella sala del governo subito dopo il discorso di Conte. Per superare il format dell'esecutivo gialloverde, dove le competenze erano distribuite per partito, Franceschini chiede agli otto ministri del Pd di coordinarsi «il più possibile» con i partiti alleati e di riferire personalmente contrasti non risolti.

IL PUNTO
Di Maio fa più o meno lo stesso incontrando i direttivi dei gruppi parlamentari di Camera e Senato. A sera, durante la chiama per il voto di fiducia, si ritrovano i capigruppo dei tre partiti, D'Uva, Delrio e Fornaro, per iniziare a discutere dei tempi dell'ultimo voto al taglio dei parlamentari. Di Maio dovrebbe riunire i suoi ministri domani alla Farnesina per discutere anche di sottosegretari, mentre Franceschini a palazzo Chigi ha un suo ufficio che di fatto rappresenta un anello di congiunzione con il sottosegretario alla presidenza del consiglio Riccardo Fraccaro e il ministro per i Rapporti con il Parlamento Federico D'Inca.

Una fitta rete cuscinetto al vertice della quale c'è Conte che, mettendo al primo punto del programma «il linguaggio mite», «la sobrietà» e il «rispetto reciproco», pretende dai tre partiti il massimo sforzo nel cercare intese senza le quali si riserva di decidere in piena autonomia. Quel «mi avete lasciato solo», che Conte ha pronunciato ieri alla Camera rivolto alla Lega, sarà ancor più forte oggi quando il presidente del Consiglio parlerà al Senato ritrovando quel Matteo Salvini infilzato il 20 agosto. Stavolta Salvini non si lascerà sorprendere, ma per Conte sarà questa l'occasione per ragionare anche sul suo passato incarico per rimettere in fila - magari al momento della replica - qualche altro errore di marca leghista della precedente stagione.
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Il Gazzettino