ROMA - Il monito sulla devastante inchiesta Mafia capitale è perentorio, forte e chiaro: prevenire e colpire le «infiltrazioni criminali» e le «pratiche corruttive». ...
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Vola alto Giorgio Napolitano nell'appassionato e articolato intervento davanti all'Accademia dei Lincei sulla crisi dei valori in Italia e in Europa. Il suo è anzitutto un grido d'allarme contro il degrado, sulla necessità che la politica recuperi la sua moralità per fronteggiare il rischio maggiore: il prevalere di quella che egli definisce la «patologia eversiva» dell'antipolitica. Da cui emerge la necessità di reagire denunciandone faziosità, distorsioni e con un rinnovato impegno per le riforme necessarie anche «per riavvicinare i giovani alla politica».
LA DENUNCIA
Il capo dello Stato non usa mezzi termini per sostenere con vigore la sua denuncia. Sottolinea il «grave decadimento della politica» che ha contribuito in modo decisivo ad «un più generale degrado dei comportamenti sociali» e ad una perdita di valori una volta condivisi. Duro - come si è detto - il richiamo all'attualità dell'inchiesta romana. «Non deve mai apparire dubbia - spiega Napolitano - la volontà di prevenire e colpire infiltrazioni criminali e pratiche corruttive nella vita politica e amministrativa che si riproducono attraverso i più diversi canali come è emerso dai clamorosi accertamenti della magistratura nella stessa Capitale». Dunque: pulizia e lotta alla corruzione senza indugi. Denuncia dei ritardi e delle riluttanze con cui le istituzioni e i partiti hanno operato soprattutto dopo la bufera di Tangentopoli. Ma il dato saliente ancora più allarmante - secondo Napolitano - resta quello delle «rappresentazioni distruttive del mondo della politica». La condanna del capo dello Stato è durissima: «Sono dilagate analisi unilaterali, tendenziose». Nella sua requisitoria contro l'antipolitica, Napolitano non cita mai il movimento grillino, ma il riferimento è abbastanza chiaro. E il commento di Grillo è sarcastico: «Stia attento che corre il rischio di essere denunciato per vilipendio al M5S». D'altra parte, Napolitano non fa nomi, ma non risparmia «i giornali tradizionalmente paludati», «opinion makers lanciatisi a cavalcare l'onda per impetuosa e fangosa che si stesse facendo e anche, per demagogia e opportunismo, soggetti politici pur provenienti dalle tradizioni del primo cinquantennio della vita repubblicana». Insomma, la critica dei partiti e della politica di per sé «preziosa e feconda» è degenerata in antipolitica. Mai era accaduto - osserva Napolitano - quel che si è verificato nell'ultimo biennio quando hanno fatto la loro comparsa in Parlamento metodi e atti concreti di intimidazione fisica, di minaccia, tentativi continui di stravolgimento e impedimento dell'attività politica e legislativa di ambedue le Camere. Di qui la necessità di un impegno collettivo per rovesciare questa tendenza. Certo, serve l'apporto - finora mancato - della cultura, dell'informazione, della scuola. Anche perché - avverte Napolitano - gli ingredienti dell'antipolitica si mescolano e si confondono con quelli dell'antieuropeismo con svalutazioni sommarie e liquidatorie. Un antieuropeismo cui - ricorda il capo dello Stato - hanno contribuito certamente le miopie e i ritardi delle istituzioni comunitarie insieme ai calcoli opportunistici degli Stati membri. Ma che non può far cadere in ombra gli straordinari risultati dell'Unione europea dagli anni della fondazione ad oggi.
L'ANALISI
Napolitano non si sottrae neanche ad un'analisi storica della crisi dei partiti.
Il Gazzettino