A Roma la truffa dei falsi cardinali: «Lavoriamo in Vaticano». Presa la banda delle “mandrakate”

A Roma la truffa dei falsi cardinali: «Lavoriamo in Vaticano». Presa la banda delle “mandrakate”
Ancora loro, i re della mandrakata in stile cardinalizio, sul pezzo fin dall'88. Si fingevano, preti, monsignori e porporati, qualcuno si presentava come «intermediario...

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Ancora loro, i re della mandrakata in stile cardinalizio, sul pezzo fin dall'88. Si fingevano, preti, monsignori e porporati, qualcuno si presentava come «intermediario del Vaticano». Con l'aiuto di procacciatori (specie assicuratori) cercavano imprenditori, meglio se del Nord Italia, in difficoltà economica a cui offrire affari «irripetibili» per rientrare del denaro. Invece i contanti necessari ad aprire le fideiussioni se li intascavano loro per poi sparire nel nulla. Salvo, alla fine, essere incastrati dai carabinieri travestiti da preti.

Finti cardinali, molteplici reati

 

«Siamo dello Ior», la banca di sua Santità. Così la gang si autoreferenziava nella maggior parte dei casi, almeno 20 le truffe documentate dai militari della Compagnia Roma Centro guidati dal maggiore Fabio Valletta in due anni di indagini, per quasi 1,7 milioni di euro. La base della banda era un bar di Centocelle dove le menti e gli affiliati si incontravano ogni mattina per pianificare i raggiri. Ieri mattina, finalmente, sono state spiccate le misure cautelari - ordinanza emessa dal gip di Roma su input della Procura nei confronti di cinque persone accusate di associazione per delinquere finalizzata alla commissione di molteplici reati di truffa, rapina e furto aggravato. Per Lucio Cesaroni, 58 anni, di Corcolle, considerato dagli inquirenti il leader del sodalizio («Come fanno i carabinieri ad arrestamme a me, io sono extraterritoriale», se la rideva in una intercettazione), sono scattati i domiciliari; per Angelo R., 75 anni, Mario S., 68 anni, Franco A., 75 anni, e Carmine D. A., 62enne, l'obbligo di firma in caserma. Finora la gang, già finita a processo per il materiale sequestrato nell'immediatezza (i contratti falsi, gli abiti talari...) avrebbe evitato il carcere proprio per l'età avanzata, ma questa volta potrebbe non bastare.

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L'intera operazione era nata nell'estate del 2017 dopo la denuncia da parte di due albergatori raggirati per 20mila e 75mila euro. Lo schema delle mandrakate, per dirla come nel noto film Febbre da cavallo in cui Gigi Proietti ne escogitava sempre una per racimolare soldi da investire nelle scommesse, era più o meno sempre lo stesso: i cinque si presentavano falsamente come intermediari della Santa Sede o di una inesistente finanziaria Lussemburghese, la Eurozone s.a., offrendo finanziamenti a condizioni particolarmente vantaggiose senza la richiesta di garanzie patrimoniali personali. Per non destare sospetti, organizzavano vari incontri seguiti da email e contatti fitti. Gli appuntamenti avvenivano nei pressi del Vaticano, in un caso anche all'interno dell'Università Gregoriana dove riuscivano a introdursi sfruttando il libero accesso.

 

Una volta allestirono un finto studio notarile in un palazzo di Corso Vittorio Emanuele sfruttando l'esistenza di una targa e di uno studio reale. A volte erano Don Luca, altre Don Giuseppe. Grazie a una rete di una decina di sodali, anche stranieri, a volte riuscivano a spacciarsi per cardinali. Per tutti c'era una benedizione. Tra i vari episodi rilevanti, quello che delinea maggiormente il rodato modus operandi del sodalizio criminale e la scaltrezza acquisita dai vari soggetti, è quello avvenuto nell'aprile 2018, in piazza Esedra, all'interno della Basilica S. Maria degli Angeli e dei Martiri, dove, dopo diversi appuntamenti, i cinque si facevano consegnare 15mila euro come fidejussione per un prestito di 500mila, facendo poi attendere, con una scusa, le vittime all'interno della basilica e tentando di dileguarsi dall'uscita posteriore, dove però venivano fermati dai militari della Stazione di Roma San Lorenzo in Lucina, che avevano assistito alla scena camuffati da sacerdoti.
 

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Il Gazzettino