«La musica classica è la migliore scuola all’ascolto che esista. E credo che non sentire il prossimo, oggi, sia uno dei problemi sociali più urgenti. Una...
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Il 21 e il 22 dicembre è atteso a Santa Cecilia dove dirigerà le sinfonie Quinta e Settima di Beethoven. Cuore del programma tv la Patetica di Cajkovskij. «Racconterò la Sesta Sinfonia, entrando nella vita e nella genialità di Cajkovskij. Prima della trasmissione ho letto le sue lettere, migliaia, era un grafomane, ne scriveva anche 18 al giorno. Da mandare in tilt un gruppo di WhatsApp. Ho avuto paura prima di accettare l’impegno. Per motivi personali, ma anche per le mazzate che ho preso in passato. Mi ha convinto la mia orchestra, l’Europa Filarmonica».
Qual è il suo antidoto contro la paura? «La bacchetta. Il mio potere “forte”. La maschera che mi fa stare bene, che nasconde il dolore. Quando la poggio, tutto mi piace un po’ meno».
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La sua carriera cominciò proprio a Roma, con il contrabbasso. Però, a Roma, ci torna di rado. Come mai? «Chi fa il mio mestiere va dove viene invitato, perciò questa è una domanda che dovreste porgere alle istituzioni musicali romane. Anche se mi sento di poter dire di avere un rapporto di continuità con l’Accademia di Santa Cecilia che mi rende felice, data l’enorme qualità dell’orchestra e i tanti cari amici con cui adoro fare
musica da anni».
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A Santa Cecilia torna a dirigere Beethoven. «Il 16 dicembre, compleanno di Beethoven, si è aperto il 250enario e dirigerò la Quinta e la Settima sinfonia che ho portato in televisione. Un omaggio ma anche una specifica richiesta della direzione di Santa Cecilia. E io ascolto le richieste di chi mi ospita. In questi giorni sto studiando tanto, proprio perché nessuno dovrebbe permettersi il lusso di cadere nel “tanto l’ho già fatto, tanto la so”».
La tv toglie qualcosa a un concerto di musica classica? «L’eccessiva protezione toglie qualcosa alla musica classica. Il mio obiettivo è che il pubblico continui ad amarla anche dopo essere tornato a casa, che continui a cercarla nei giorni seguenti, che diventi parte della sua vita futura».
Il mondo della classica spesso è molto imbalsamato, critica chi ha un approccio diverso: lei che cosa risponde a chi dà “mazzate”? «Rispondo lavorando o, meglio, non rispondo affatto.
Il debutto in Arena: in quale modo è stato prezioso? «È stato l’organico più grande che abbia affrontato, 364 musicisti, e il pubblico più numeroso. Indimenticabile il silenzio attento, quasi irreale di 14.000 persone. Quando poi, dopo i Carmina, sono scoppiati in un vero tuono è stato incredibile. Non vedo l’ora di tornare per la Nona ad agosto».
L’esperienza in tv: che cosa conserva e che cosa cambierà nella serata del 25? «Abbiamo alzato l’asticella, ci sarà più musica. E chiedo ai telespettatori di ascoltarla a tutto volume. Da coinvolgere pure i vicini. E trasformarlo in un concerto in piazza».
Pochi mesi fa, il suo sfogo contro chi l’aveva frainteso: l’abbandono del pianoforte, l’addio alla musica... Prima o poi riuscirà a liberarsi da queste fake news che la perseguitano? «La domanda non è se me ne libererò io, ma se riuscirà a liberarsene l’Italia, l’Europa, tutto il mondo. È un male che ci affligge tutti, farne una questione personale sarebbe riduttivo. Temo che sia un processo lento».
Un anno sognava una casa per la sua orchestra: novità? «No, ancora no, non è facile ma non demordo». Arena di Verona, tv, Santa Cecilia: il prossimo obiettivo? «Svegliarmi la mattina. E subito dopo avere una stabilità e una tranquillità nel lavoro, senza avere sempre l’ansia di riempire le sale ed essere così nomade». Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino