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Emanuela Orlandi, la sorella Natalina abusata dallo zio Mario Meneguzzi. A rivelarlo un servizio in esclusiva del Tg La7 nell'edizione delle 20 di oggi. Gli elementi indiziari sarebbero già al vaglio delle autorità giudiziare. La sorella di Emanuela avrebbe confidato le violenze subite dal parente ad un sacerdote. Dalle carte consegnate dal promotore di giustizia Vaticana Alessandro Diddi alla procura di Roma, emerge una scambio di lettere che ricondurrebbe all’interno della famiglia della ragazza la sua misteriosa scomparsa.
Le lettere segrete
Dal retroscena inedito emerge un messaggio del segretario di Stato Agostino Casaroli del 1983, solo 3 mesi dopo la scomparsa di Emanuela. Il carteggio chiama in causa lo zio deceduto della ragazza, Mario Meneguzzi. Nel servizio del Tg si racconta di una lettera inviata da Casaroli ad un sacerdote sudamericano - in passato consigliere spirituale e confessore degli Orlandi - mandato in Colombia da Giovanni Paolo, nella quale si chiede conferma delle molestie subite da Natalina. La risposta del prete non lascia dubbi: «Sì, è vero, Natalina è stata oggetto di attenzioni morbose da parte dello zio, me lo confidò terrorizzata: le era stato intimato di tacere oppure avrebbe perso il lavoro alla Camera dei Deputati dove Meneguzzi, che gestiva il bar, la aveva fatta assumere qualche tempo prima».
Mario Meneguzzi, chi era lo zio di Emanuela
Mario Meneguzzi è il marito di Lucia Orlandi, zia paterna dei cinque ragazzi Orlandi. Quando arrivavano le telefonate dei presunti rapitori a casa Orlandi era proprio lui, lo zio Mario, a rispondere. E, come se non bastasse, i servizi segreti dell'epoca annoveravano tra le loro fila alcuni esponenti molto vicini all'uomo.
L'identikit
I pm di Roma hanno avviato le indagini sulla scomparsa.
La telefonata di “Mario”
La memoria poi corre al 22 giugno '83, giorno della scomparsa di Emanuela. Il 28 chiama casa Orlandi un uomo che dice di chiamarsi Mario e di gestire un bar in zona piazza dell'Orologio. Dice di avere un amico che vende cosmetici e di avere letto sul Messaggero del sospetto che Emanuela sia stata adescata da un tizio che offriva volantinaggi molto ben pagati per la ditta di cosmetici Avon. E ci tiene a chiarire che il suo amico non c'entra nulla. Un altro elemento che si aggiunge alla lunga lista di misteri che ancora oggi avvolgono il caso.
La furia di Pietro Orlandi
Dura la replica di Petro Orlandi: «Sono arrabbiato, furioso. Hanno passato il limite come non mai e con l'avvocato Sgrò sto organizzando per domani una conferenza stampa. Non possono scaricare le responsabilità di tutto su una famiglia... Non pensano ai parenti, ai figli? No, questa carognata non può passare così», ha detto all'Adnkronos. «Nessuno ha chiamato né me, né mia sorella, né i figli di mio zio. Non siamo stati chiamati dalla Procura di Roma - ha ribadito - da nessuno. Mi auguro che questa commissione parlamentare parta e svergogni chi oggi miserabilmente ci ha infangato», conclude Pietro che annuncia l'intenzione di chiedere di «incontrare privatamente Papa Francesco».
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