Donne-sacerdote e sessualità, il Papa e Welby: «Siamo lontani, ma prosegue dialogo»

Donne-sacerdote e sessualità, il Papa e Welby: «Siamo lontani, ma prosegue dialogo»
Le divisioni tra cattolici e anglicani ci sono ma non debbono fermare il cammino comune e il dialogo ecumenico. È molto franca, ma allo stesso tempo carica di speranza, la...

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Le divisioni tra cattolici e anglicani ci sono ma non debbono fermare il cammino comune e il dialogo ecumenico. È molto franca, ma allo stesso tempo carica di speranza, la dichiarazione comune firmata oggi da Papa Francesco e l'arcivescovo di Canterbury Justin Welby. Dopo l'incontro all'evento interreligioso di Assisi qualche giorno fa, oggi il pontefice e il primate della chiesa anglicana si sono visti di nuovo, nel pomeriggio per promuovere fede e sport come messaggio di pace. E poi in serata a San Gregorio al Celio per celebrare i vespri insieme e dare il "mandato" a 36 vescovi di diversi Paesi, cattolici e anglicani, di proseguire il dialogo per un «ecumenismo audace e reale, sempre in cammino nella ricerca di aprire nuovi sentieri», come ha detto Papa Francesco.


Il Papa e l'arcivescovo di Canterbury hanno anche firmato una dichiarazione comune dove ammettono «nuovi disaccordi tra di noi», «seri ostacoli alla nostra piena unità». Ma «non siamo scoraggiati», «confidiamo che il dialogo e il mutuo impegno renderanno più profonda la nostra comprensione». Tra i nuovi elementi di divisione tra cattolici e anglicani vengono esplicitamente citati nella dichiarazione comune «l'ordinazione delle donne» e «questioni relative alla sessualità umana». Elementi seri che però non interrompono il cammino iniziato dai predecessori.

La celebrazione di oggi infatti è stata organizzata per ricordare il cinquantesimo anniversario dell'incontro tra il beato Paolo VI e l'allora arcivescovo di Canterbury, Michael Ramsey, Primate della comunione Anglicana, e l'Istituzione del Centro Anglicano di Roma. Il Papa durante i vespri, che hanno visto confluire preghiere dei due riti, ha ricordato come «si sono addensate, attorno a noi, la caligine dell'incomprensione e del sospetto e, sopra di noi, le nuvole scure dei dissensi e delle controversie, formatesi spesso per ragioni storiche e culturali e non solo per motivi teologici».


Ma Dio «è convinto che possiamo passare dalla caligine alla luce, dalla dispersione all'unità, dalla mancanza alla pienezza». E l'arcivescovo di Canterbury ha sottolineato che «quando combattiamo tra noi cristiani, diventiamo pastori che divorano le proprie pecore e la Chiesa diventa un circo per combattimenti per gladiatori nel quale nessuna misericordia è riservata ai perdenti». Ma bisogna invece superare la «tentazione di guardare indietro» e procedere. Nella dichiarazione comune si individuano i terreni per operare insieme, dall'aiuto ai più deboli alla cura del creato, dalla promozione della pace all'impegno per uno sviluppo sostenibile. Perché «ogni cristiano - ha ricordato il Primate anglicano - è chiamato ad essere i Suoi piedi, le Sue mani, la Sua bocca», cioè a rispondere alla chiamata di Dio ad essere prossimo agli altri, a partire dai più deboli.
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Il Gazzettino