La valutazione deve essere fatta caso per caso e il criterio del tenore di vita goduto durante il matrimonio può continuare ad essere preso come riferimento nelle cause di...
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La decisione dei giudici sarà depositata tra circa un mese. «La premessa è che ogni singolo giudizio richiede necessariamente la valutazione delle peculiarità del caso concreto, perché l'adozione di un unico principio di giudizio, come quello stabilito dalla sentenza "Grilli", corre il rischio di favorire una sorta di giustizia di classe», ha sottolineato il pg nella sua requisitoria.
«Si può anche convenire sul fatto che il criterio dell'autosufficienza - ha proseguito Matera - può essere preso come parametro di riferimento, ma non si può escludere di rapportarsi anche agli altri criteri stabiliti dalla legge, quali la durata del matrimonio, l'apporto del coniuge al patrimonio familiare, il tenore di vita durante il matrimonio». Il pg ha chiesto alle Sezioni unite di accogliere il ricorso di Lucrezia C. contro il marito Omar C., che in appello, nel 2017, aveva ottenuto la revoca dell'assegno divorzile da quattromila euro al mese da corrispondere alla ex moglie.
Prima del divorzio, Lucrezia e Omar si erano divisi a metà il patrimonio di famiglia, del valore di 7 milioni. Lui aveva tenuto l'azienda di proprietà e lei si era fatta liquidare la somma in soldi e appartamenti. In primo grado la donna aveva ottenuto anche il diritto all'assegno di mantenimento, negatole in appello. Il matrimonio, celebrato nel 1978 era durato fino al 2007. I coniugi provenivano da famiglie modeste ed entrambi hanno contribuito all'attività imprenditoriale. In primo grado, l'assegno era stato attribuito a Lucrezia «per disparità reddituale».
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Il Gazzettino