Virus e discoteche, Crisanti: «Lo stop un atto coraggioso e coerente»

Lo stop alle discoteche «è un provvedimento coraggioso, coerente, che mette fine ad una babele di voci e e di provvedimenti, e che sicuramente dà un segnale ai...

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Lo stop alle discoteche «è un provvedimento coraggioso, coerente, che mette fine ad una babele di voci e e di provvedimenti, e che sicuramente dà un segnale ai giovani, e avrà un impatto sulla trasmissione del virus. Perchè le discoteche sono un luogo dove sicuramente è favorita la diffusione del virus». Così Andrea Crisanti, ordinario di microbiologia all'Università di Padova, ha commentato  a 'Timelinè su SkyTg 24 il provvedimento del Governo sulle discoteche. «Senza l'aiuto di tutti noi il servizio sanitario nazionale non ce la farà».

Casi triplicati

«In Italia, se andiamo a guardare rispetto a due-tre settimane fa, i casi si sono triplicati, ma originano principalmente da trasmissione endogena, e sono sicuramente importanti. L'Italia non sta in una bolla impermeabile rispetto a quanto succede del mondo. Nel resto del mondo nelle ultime settimane veiamo 2-3mila casi al giorno, ed è chiaro - ha aggiunto Crisanti - che il nostro Paese non poteva rimanere esente da questa problematica. Adesso si stanno pendendo provvedimenti per i rientri dai paesi un pò più a rischio, e questa è una componente importante». Crisanti si è detto in disaccordo con chi ritiene che l'epidemia stia adesso colpendo maggiormente i giovani: «se guardiamo l'analisi dell'Istat - ha osservato lo studioso - notiamo che anche nell'epidemia passata le persone avevano prevalentemente un'età tra 19 e i 50 anni, il problema è che prima arrivano alla nostra attenzione persone malate di età tra i 55 e 85 anni. Non credo che l'epidemia si sia modificata; le persone anziane stanno molto più attente e c'è molta più cura nella gestione delle case di riposo».

Gli asintomatici

«Sugli asintomatici abbiamo recentemente condiviso con la comunità scientifica uno studio che è stato pubblicato su Nature, la più prestigiosa rivista internazionale, nel quale si chiarisce una volta per tutte che gli asintomatici hanno una carica virale paragonabile a quella dei sintomatici e che sono in grado di trasmettere. Su questo tutta la comunità scientifica concorda. Rimango sorpreso che vengano fatte queste domande alla comunità scientifica, forse sarebbe opportuno che invece di fare domande alla comunità scientifica si leggessero i contributi scientifici. Penso che la cosa da fare sia che prima di mettersi in viaggio per l’Italia dai Paesi considerati a rischio i passeggeri si facciano il test all’origine e che le compagnie non accettino passeggeri che non hanno un test negativo. Questo risolverebbe tutto e subito e sarebbe la cosa più gestibile».

La scuola

«Sulla scuola ho una visione leggermente diversa dalla via che si è seguita, perché penso che la soluzione che è stata trovata è un soluzione che privilegia fondamentalmente la sollevazione di responsabilità da parte dei presidi e non è una misura che avrà un impatto importante sulla trasmissione del virus. Sulla scuola ci sono tre livelli: dobbiamo impedire che le persone che lavorano nella scuola si infettino, dobbiamo fare in modo che la scuola non diventi un focolaio o un moltiplicatore di infezione e dobbiamo proteggere i presidi dalla responsabilità. Se vogliamo ottenere questi risultati dobbiamo impedire che gli infetti entrino a scuola, perché se una persona infetta dovesse entrare a scuola non penso che le misure adottate possano impedire che la scuola diventi un moltiplicatore di infezione. Possiamo tenere i bambini o gli adolescenti con la mascherina o mettere i banchi con le rotelle, ma quanto escono da scuola fanno quello che gli pare. Questo non è un modo per affrontare un problema. Altro aspetto ridicolo è quello della misura delle temperatura a casa, non si può pensare che otto milioni di famiglie misurino la temperatura con metodi e termometri diversi, inoltre abbiamo stabilito una soglia della temperatura di 37,5 che è quella per gli adulti. La temperatura va misurata a scuola. Vedo grande confusione sulla scuola».




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