Silvio Berlusconi dice no al passo di lato per far nascere il governo M5S-Lega. E come una pallina su un piano inclinato la XVIII legislatura scivola verso il terreno incognito di...
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Nel corso della giornata il pressing della Lega si fa febbrile, i dubbi tra gli azzurri crescono, come cresce la speranza nel M5S per il passo di lato di Silvio Berlusconi. Ma l'ex Cavaliere non cede, e risponde con una ferrea, e al momento, insuperabile resistenza. Il risultato è uno stallo quasi simmetrico. Il governo neutrale, nonostante una pattuglia di responsabili che potrebbe palesarsi nel Movimento, non avrà la fiducia. E sarà tutto il centrodestra e non solo la Lega a bocciare il nuovo esecutivo. «Se Berlusconi lo vota è la fine dell'alleanza», è l'aut aut che in mattinata dà Giancarlo Giorgetti. Ma la fiducia, come certifica la capogruppo alla Camera Mariastella Gelmini, FI non la voterà: sarebbe il perfetto casus belli che permetterebbe alla Lega di rompere e stringere l'alleanza con il M5S.
E sempre in mattinata Giorgetti dà il là all'ultimo giro di trattative. «Berlusconi consenta la formazione di un governo M5S-Lega», è il messaggio del braccio destro di Salvini. Un messaggio che, solo in tarda serata, dopo una giornata di trattative estenuanti e tesissime, avrà la risposta di Silvio Berlusconi. «Nessun sostegno esterno a un governo M5S-Lega, non accettiamo veti», recita una nota ufficiale di FI. A questo punto, da qui alle prossime ore, solo una rottura su iniziativa del leader della Lega potrebbe sbloccare l'impasse anche perché, se Berlusconi non cede, il M5S non ha alcuna intenzione di riconoscere un ruolo a FI. All'ex Cavaliere, raccontano diverse fonti, Lega e M5S aprono via via su una serie di punti con il Movimento pronto a cedere la premiership a Salvini, fatto che avrebbe assicurato a Berlusconi un esecutivo non ostile.
Voto a luglio rischioso. Su un punto, invece, i partiti sembrano avere un minimo di accordo: il voto a luglio è un rischio, un «unicum» nella storia della Repubblica che porta una serie di temibili incognite. Di Maio annuncia che verrà chiesto al governo neutrale di varare un decreto che intervenga sui tempi per il voto all'estero per consentire le elezioni a fine giugno. Ma in realtà si sta cominciando a trattare sul voto autunnale. E lo stesso Di Maio apre anche alla soluzione alternativa delle elezioni a ottobre, in caso anche gli altri partiti siano d'accordo. «Ci rendiamo conto che il voto a luglio è un problema», spiega il leader del M5S. Ed è un problema anche per Silvio Berlusconi. Tuttavia, che una eventuale richiesta dei partiti di indire le elezioni a ottobre trovi il sì del Colle (subordinato comunque ad una richiesta unanime di tutti i gruppi) è ancora tutta da verificare.
Nel caso in cui il governo neutrale sia sfiduciato il Quirinale sembra sempre orientato a portare il paese alle urne il prossimo 22 luglio. «Costringendo», di fatto, tutti i partiti ad una vera e propria corsa elettorale.
Il Gazzettino