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Potrà tornare a giocare a calcio il ragazzo di 14 anni che lo scorso 10 novembre è stato sottoposto a un delicato, quanto innovativo intervento chirurgico per il trattamento di un’aritmia. La condizione, se non diagnosticata e curata per tempo, avrebbe potuto rivelarsi fatale. Al giovane, operato alla Utic dell’ospedale di Pescara diretta dal dottor Massimo Di Marco, era stato negato il certificato medico per poter svolgere attività sportiva agonistica a causa della patologia estremamente rara da cui era affetto: la “sindrome di Wolff-Parkinson-White con via accessoria ad alte proprietà conduttive”. Si tratta di una patologia congenita di cui hanno sofferto anche calciatori famosi, come ricorda una nota della Asl di Pescara.
In particolare, il giovane è stato sottoposto a quella che in gergo medico viene definita “ablazione transcatetere”.
Si è trattato di un intervento molto delicato, «a causa delle ridotte dimensioni del giovane cuore. Il tutto è stato possibile anche grazie al supporto anestesiologico fornito dall’Unità operativa semplice dipartimentale di gestione del blocco operatorio diretto dalla dottoressa Maria Rizzi». La sindrome si manifesta con episodi di battito cardiaco molto accelerato, a volte anche debolezza, respiro affannoso e svenimenti. Se i pazienti si trovano in età pediatrica possono verificarsi anche sonnolenza e perdita dell’appetito, e a volte si possono manifestare anche pulsazioni del torace che spaventano sia i piccoli, sia i genitori. Se non trattata la sindrome può evolvere in un’insufficienza cardiaca. Se invece i sintomi si manifestano in pazienti adulti, assieme al respiro corto e allo svenimento può essere presente anche dolore toracico.
L’intervento eseguito sul quattordicenne è perfettamente riuscito. Il ragazzo si è già sottoposto alla visita di controllo, e presto potrà tornare a correre sul terreno di gioco. «Questo segnale - conclude la Asl - è un’altra dimostrazione che oggi la nostra Asl fornisce un’offerta completa di cure complesse, senza la necessità di eseguire trasferte fuori regione verso ospedali ritenuti più blasonati».
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