A gennaio e febbraio 10.148 morti in meno di quelli attesi in base alle proiezioni statistiche. E poi invece tra marzo e aprile 46.909 in più, di cui solo 27.938...
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Il primo aspetto che emerge, coerente con analoghe indicazioni arrivate da Istat e Istituto superiore di sanità, è la brusca inversione di tendenza a fine febbraio: in precedenza c'erano stati - in modo abbastanza uniforme in tutto il Paese - meno morti di quelli attesi, con un calo medio dell'8 per cento (più accentuato nel Nord-Ovest e in alcune aree del Centro) corrispondente appunto a oltre 10 mila decessi in meno. Dal 29 febbraio cambia tutto e nei due mesi successivi l'eccedenza di mortalità sfiorerà quota 47 mila. Ma la situazione è molto sbilanciata sul territorio nazionale, con un incremento dell'84% al Nord a fronte dell'11 per cento al Centro e del 5 per cento al Sud, con un a media nazionale del 43%. Le Province più colpite sono Bergamo, Brescia, Cremona, Lodi e Piacenza, mentre ce ne sono altre in cui la mortalità risulta comunque inferiore a quella attesa: Siena, Viterbo, Ascoli Piceno, L'Aquila, Latina, Caserta, Salerno, Trapani, Palermo e Agrigento.
Sull'origine della quota di sovra-mortalità non spiegata da Covid, corrispondente come detto a 18.971 persone, gli attuariali dell'Inps fanno ipotesi provvisorie attribuendola comunque in via diretta o indiretta all'epidemia. Ci sono poi altri due aspetti interessanti. Intorno al 20 aprile la curva dei decessi per Covid comunicati dalla Protezione civile torna a superare quella dei decessi statisticamente previsti: potrebbe voler dire che il coronavirus ha anticipato nei primi venti giorni di marzo morti comunque attese. Osservando poi come si distribuisce la mortalità tra i percettori di prestazioni Inps (pensioni e indennità varie) si osserva come tra sul totale dei decessi nelle province più colpite la percentuale di percettori di indennità di accompagnamento scende dal 54% dei primi due mesi dell'anno al 45% del periodo successivo. Potrebbe voler dire - suggeriscono gli autori dello studio - che gli invalidi totali, pur coincidendo almeno in parte con la quota di popolazione afflitta da patologie gravi (e dunque più esposta al virus) hanno una vita sociale limitata a causa della non autosufficienza e risultano quindi meno toccati dal contagio.
Il Gazzettino