Coronavirus, errori nei test: c'è chi torna positivo dopo 2 tamponi negativi

Il plateau, il piccoche abbiamo tutti imparato a conoscere, non solo sarebbe stato raggiunto dal coronavirus ma sembrerebbe alle spalle. «Sembra esserci una discesa»,...

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Il plateau, il piccoche abbiamo tutti imparato a conoscere, non solo sarebbe stato raggiunto dal coronavirus ma sembrerebbe alle spalle. «Sembra esserci una discesa», ha annunciato ieri pomeriggio in conferenza stampa, per la prima volta con un sorriso, Giovanni Rezza, il direttore delle malattie infettive dell'Istituto superiore di Sanità. E nella notte il ministro della Salute, Roberto Speranza, ha fatto sapere che l'indice di contagio R con zero «è leggermente sotto l'1, un risultato straordinario se pensiamo che fino a qualche settimana fa eravamo a 3 o 4, ovvero un soggetto positivo ne infettava fino a 3-4».


Insomma, 47 giorni dopo il paziente uno di Codogno e 17.127 morti (ieri altri 604), l'Italia intravede uno spiraglio, che ha la forma della curva di un grafico che flette finalmente verso il basso. Non significa che l'emergenza sia finita, avvertono gli esperti. Anche perché, ha detto sempre Rezza, «per ogni caso che viene riportato dal sistema di sorveglianza ci sono magari 10 persone infette». Soprattutto i decessi di anziani nelle Rsa sarebbero stati «sottostimati». Ma per il quarto giorno consecutivo calano i pazienti ricoverati in terapia intensiva, ora sono 106 in meno. E cinque regioni - Lombardia ed Emilia Romagna, ma anche Umbria, Friuli e Molise - riportano un numero minore di malati. I guariti in un giorno sono stati 1.555. Il trend di aumento dei contagiati è sceso al 2,29%: 3.039 nuovi casi. «Il numero più basso dal 13 marzo», ha rimarcato la Protezione civile guidata da Angelo Borrelli. Il 65% dei positivi al Covid è curato a casa, con pochi sintomi o zero. I reparti continuano lentamente a svuotarsi. Ma secondo stime diffuse ieri, solo a inizio maggio in Italia il numero dei nuovi casi potrebbe scendere sotto ai 100 al giorno.
 

Diverse Regioni si stanno attrezzando con i test sierologici, più rapidi del tampone tradizionale (danno risultati in un'ora, anziché 24) e in grado di capire se l'organismo ha sviluppato anticorpi contro il virus. Lo screening riguarderà 200mila persone. Ma siamo ancora in una fase sperimentale. E non c'è la certezza che i test funzionino, avverte l'Istituto di Sanità. «L'affidabilità è ben lungi dal 100%, serve cautela», ha spiegato il direttore delle malattie infettive dell'Iss.

MANCANO REAGENTI
Anche sui tamponi, che scontano peraltro la mancanza di reagenti, sembrerebbe esserci un margine di errore. La prima donna contagiata a Roma sembrava guarita, dopo due risultati negativi consecutivi. Invece, dopo un nuovo test, è tornata positiva. Secondo Rezza dell'Iss, «c'è incertezza ed è bene ammetterlo, i casi di ritorno dell'infezione sono eccezionali. Non sappiamo se chi resta a lungo positivo è ancora contagioso e quanto».

«Sarebbe utile effettuare un tampone di richiamo», dice Massimo Andreoni, direttore scientifico della Società italiana di malattie infettive e virologo del Policlinico Tor Vergata di Roma. «Questo virus ha una lunga presenza all'interno dell'orofaringe. E nel nostro ospedale abbiamo notato che il tampone è molto operatore-dipendente. Ci sono operatori che hanno in gran parte risposte positive dai pazienti, altri che ne hanno in batteria di negative. L'esecuzione richiede un certo expertise. Se fatto male, il tampone può dare esito negativo. Sappiamo poi che a volte quando sembra che il virus non è più replicante, invece riprende a moltiplicarsi». Non è una discussione tra scienziati. «Si rischia di dichiarare guarito chi non lo è».


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Il Gazzettino