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«Se le imputate fossero state correttamente qualificate», ossia indagate più di dieci anni fa e sentite come testi assistite, «si sarebbe potuto discutere della configurabilità dell'art. 377bis cp», l'induzione a non rendere dichiarazioni, «nei confronti del solo Berlusconi» in relazione alle ragazze «che avessero scelto il silenzio». E si poteva «discutere» della corruzione in atti giudiziari «con riferimento a quelle che invece avessero consapevolmente deciso di rendere dichiarazioni sulla responsabilità altrui». Lo scrive il Tribunale di Milano nelle motivazioni della sentenza Ruby ter che ha assolto Berlusconi e gli altri.
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Le motivazioni
Già col verdetto di metà febbraio, e con la pubblicazione da parte dei vertici del Tribunale milanese di una sintesi delle motivazioni delle assoluzioni, era stato confermato che sul processo aveva pesato quel provvedimento dei giudici del novembre 2021, a dibattimento in corso e in accoglimento di un'istanza dei legali del Cavaliere, Federico Cecconi e Franco Coppi, che cancellò le false testimonianze per un 'errorè scoperto dopo quasi 10 anni. Le 21 ragazze ex ospiti delle serate hard di Arcore, Ruby compresa, finite imputate nel Ruby ter, per i giudici, andavano, infatti, già indagate all'epoca, quando furono ascoltate nei processi Ruby e Ruby bis, perché su di loro c'erano già «indizi» su presunti versamenti corruttivi da parte dell'ex premier. Vennero, invece, sentite non «legittimamente» come testi semplici, non assistite da avvocati e senza la facoltà di non rispondere. E dato che «andavano correttamente qualificate come indagate di reato connesso e non testimoni», secondo i giudici, non solo non si configurano le false testimonianze, ma «neppure il reato di corruzione in atti giudiziari» collegato, perché non ci sono più i testi pubblici ufficiali «corrotti». Di conseguenza nemmeno «l'ipotizzato corruttore, nel caso di specie Berlusconi».
La presunta corruzione
Gli «indizi» sulla presunta corruzione da parte di Silvio Berlusconi delle ragazze ex ospiti delle serate di Arcore «erano negli atti a disposizione dell'autorità giudiziaria già prima che le medesime fossero chiamate a sedere sul banco dei 'testimonì» dei processi Ruby.
I soldi da Berlusconi a Karima
Già «un anno prima» dell'esame «in dibattimento» di Karima El Mahroug nel processo Ruby 1 «erano emersi plurimi indizi delle importanti elargizioni economiche in suo favore da parte di Silvio Berlusconi». Lo scrive il Tribunale di Milano nelle motivazioni della sentenza con cui ha assolto il Cavaliere e gli altri imputati, tra cui la stessa Karima, perché, in sostanza, le ragazze andavano già indagate più di dieci anni fa per gli indizi che c'erano (i giudici li riportano tutti nelle motivazioni) sulla presunta corruzione. E andavano sentite come testi assistite da avvocati e con la possibilità di rimanere in silenzio.
In conclusione, scrive il collegio Tremolada-Pucci-Gallina nelle 197 pagine di motivazioni, «quanto accaduto nella vicenda processuale» del Ruby ter «è paradigmatico del fatto che l'autorità giudiziaria deve assicurare il rispetto nel caso concreto del bilanciamento tra la garanzia dell'individuo e le istanze della collettività di accertamento dei reati, conchiuso nelle norme sullo statuto dei dichiaranti», ossia dei testimoni.
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