Vuoi assumere una baby sitter? Devi prima consultare il casellario giudiziario e procurarti il suo certificato penale. È ciò che prevede il decreto legislativo numero 39...
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Il decreto sta gettando nel panico asili, parrocchie, associazioni culturali e sportive, gruppi scout, scuole di danza, cooperative e tutte quelle realtà che in qualche modo si rapportano costantemente a minorenni. Ma preoccupa anche le associazioni sindacali dei collaboratori familiari e le associazioni dei datori di lavoro che paventano caos burocratico, costi in più per le famiglie, potenziale aumento del lavoro nero. E per questo auspicano un rinvio della norma.
«Noi condividiamo appieno le finalità del decreto - sostiene Teresa Benvenuto, segretario nazionale dell’Assindatcolf, l’associazione sindacale datori di lavoro dei collaboratori familiari, aderente a Confedilizia -. Che lo Stato voglia aumentare il controllo va bene ma non può scaricare tutto il peso sulle famiglie: costi e responsabilità».
I COSTI
Già perché richiedere il certificato penale ha un costo, circa 20 euro di bollo, e in più la perdita di almeno due mattinate, una per richiederlo e una per ritirarlo (pratiche che non possono essere svolte per delega). Oltre al rischio della salatissima multa. Il decreto inoltre non chiarisce se il certificato penale debba essere richiesto solo per baby sitter e istitutrici, cioè chi lavora proprio con i minorenni o se debba essere esteso a chiunque ne entri in contatto. E la differenza è notevole. Nel secondo caso, infatti l’obbligo scatterebbe anche per le colf, per la badante della nonna che vive in casa, o per l’autista del papà. Per Teresa Benvenuto l’ennesimo pasticciaccio italiano e «la conseguenza sarà inevitabile: aumenterà il lavoro nero. Con l’ennesimo fardello burocratico da sopportare molti genitori preferiranno non regolarizzare le dipendenti».
LE REAZIONI
A chiedere chiarimenti sul decreto è anche il segretario generale della Uil Scuola, Massimo Di Menna. «Stiamo ricevendo molte telefonate dalle scuole perché c'è preoccupazione che in assenza di un tempestivo chiarimento da parte del ministero ci possano essere dirigenti scolastici che richiedano a tappeto certificati antipedofilia a tutto il personale, insegnanti e bidelli. È ovvio - aggiunge il sindacalista - che la materia deve prevedere per la scuola una sua specifica regolamentazione. Il ministero non può ignorare la questione e non può lasciare le scuole in una situazione di incertezza che rischia di creare tensioni tra il personale».
E si interrogano sulle nuove norme anche le diocesi italiane. «Antipedofilia, obbligo di certificato per chi?», si chiede la Cei sul proprio sito. Dopo aver rilevato che sono «numerose le diocesi che hanno chiesto un aiuto alla Conferenza Episcopale Italiana per capire come applicare le nuove norme» l'osservatorio giuridico dei vescovi fornisce le prime indicazioni: «i catechisti sarebbero esclusi dalla nuova norma sul certificato del casellario giudiziario». Al momento le uniche ad essere state esplicitamente esentate dall’incombenza sono le associazioni di volontariato che lavorano con minori grazie a una circolare diffusa dal ministero della Giustizia che esclude le imprese senza fine di lucro dalle sanzioni. Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino