Un ricatto, affari milionari e l'ombra di Cosa nostra. Tasselli di un puzzle che gli investigatori cercano di comporre da nove anni. Un giallo complicato che ha come...
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Dopo una prima richiesta di archiviazione, respinta dal gip, la svolta e l'iscrizione nel registro degli indagati di un costruttore molto noto, Francesco Paolo Alamia, per anni sfiorato da indagini di mafia ma mai finito in carcere, e Giuseppe Di Maggio, figlio di un capomafia della provincia, anche lui condannato per associazione mafiosa, titolare di una ditta di movimento terra. I pm Roberto Tartaglia e Francesco Del Bene hanno notificato loro un avviso di garanzia. Per entrambi è ipotizzato il reato di omicidio.
Alamia che era socio dei Maiorana nella Calliope srl, impresa di costruzione, sarebbe stato ricattato dai due imprenditori e costretto a cedere quote della società prima a un altro socio dei Maiorana, Dario Lopez. Poi le partecipazioni sarebbero finite a Karina Andrè, compagna di Antonio Maiorana. Alamia, dunque, sarebbe stato estromesso dall'impresa e dagli affari milionari che questa stava per fare. Di lui i pentiti parlano da anni: negli anni '70 ed '80, sarebbe stato socio e prestanome dell'ex sindaco mafioso Vito Ciancimino e uno degli imprenditori di riferimento dei boss corleonesi Riina e Provenzano.
La scorsa settimana la Finanza gli ha sequestrato beni per 22 milioni, tra cui 900mila euro in contanti nascosti in casa. A guidare gli investigatori dei carabinieri nella ricostruzione del giallo sarebbe una fonte confidenziale. La stessa che a gennaio indicò la zona, Villagrazia, dove, all'interno di un pozzo, sotto un cumulo di ghiaia usato per ottenere il calcestruzzo, furono trovati una scarpa e un sacco macchiato di tracce rosse, forse sangue. I reperti sono nei laboratori del Ris per le analisi. Che il sequestro dei Maiorana fosse maturato nell'ambiente di lavoro in realtà si ipotizzò subito. Ma l'indagine non ebbe mai esiti. Per falsa testimonianza venne in passato indagata Karina Andrè.
I carabinieri sequestrarono l'hard disk del suo pc, scoprendo che era stato resettato poco dopo la scomparsa del compagno. Ma gli elementi raccolti non hanno consentito di ricostruire un quadro chiaro della vicenda di cui si «interessò» anche il boss Salvatore Lo Piccolo. La scomparsa avvenne nel territorio controllato dalla sua cosca e il capomafia dispose un'indagine interna che secondo gli inquirenti sarebbe stata stoppata a insaputa del padrino. Antonio e Stefano Maiorana si allontanarono dal cantiere dicendo agli operai che sarebbero andati a fare un sopralluogo a Torretta, una località del palermitano, per vedere un terreno.
Doveva essere un sopralluogo veloce, tanto che i due lasciarono in cantiere gli effetti personali.
Il Gazzettino