Che errore. Chiamarono il decreto Biondi “decreto salvaladri”. Come se un personaggio come lui - Alfredo Biondi, storico leader del Partito liberale e poi tra...
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Avvocato di fama, intellettuale brillante, più volte ministro nella prima Repubblica – all’Ecologia con Bettino Craxi, alle Politiche comunitarie con Amintore Fanfani – nel 1994 fu tra i primi eletti del partito di Silvio Berlusconi.
Nel primo governo dell’ex cavaliere diventa ministro della Giustizia. Un incarico che gli regala notorietà il 13 di luglio. Il governo vara quel giorno il decreto Biondi, che abolisce la custodia cautelare per i reati finanziari (tra cui la corruzione e la concussione) e contro la Pubblica amministrazione, limitandola ai casi di omicidio e di reati associativi come mafia e terrorismo. Una legge fatta “per i poveri cristi”, sosterrà ancora nel 1996 l’allora guardasigilli. Il decreto, questa l’accusa ai suoi danni, era arrivato due mesi dopo l’esplosione del caso Fiamme Sporche: nell’aprile del 1994 il pool di Mani Pulite aveva scoperto che quasi tutte le grandi imprese di Milano pagavano tangenti ai finanzieri. Gli indagati erano arrivati a oltre 600. E ci furono in quella che i giustizialista entusiasticamente chiamarono “la grande retata”, abusi, superficialità accusatorie, sgrammaticature giuridiche. Si fatto anche per effetto del decreto Biondi, ancora apprezzato da parte della sinistra più attenta alle garanzie, oltre 2.750 detenuti vengono rilasciati: in 350 erano finiti dentro per Tangentopoli.
Per protesta il pool di Milano si dimette.
Il Gazzettino