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Alessandro Borghese lancia l'allarme: dopo la pandemia e alla luce di una perenne mancanza di dipendenti «sicuramente bisogna lavorare in modo diverso. Sta già succedendo: io ero aperto sette giorni su sette pre-pandemia, adesso cinque. Vorrei tornare a sei, ma comunque terrò chiuso un giorno. Il riposo e i turni sono fondamentali. Sono alla perenne ricerca di collaboratori: ma fatico a trovare nuovi profili, sia per la cucina sia per la sala». Lo spiega il cuoco e personaggio televisivo, confermando il problema legato alla fuga del personale dai ristoranti.
Alessandro Borghese, l'allarme sul personale
«Mentre la mia generazione è cresciuta lavorando a ritmi pazzeschi - riconosce Borghese - oggi è cambiata la mentalità: chi si affaccia a questa professione vuole garanzie. Stipendi più alti, turni regolamentati, percorsi di crescita. In cambio del sacrificio di tempo, i giovani chiedono certezze e gratificazioni. In effetti prima questo mestiere era sottopagato: oggi i ragazzi non lo accettano».
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«Non riesco ad assumere - spiega al Corriere della Sera - perché tanti non stanno davvero cercando, si vede che non sono interessati. Altri approfittano della situazione: sanno che c'è tanta domanda perciò fanno richieste eccessive. Io cerco la misura: persone che magari non sanno cucinare benissimo, ma che siano educate e desiderose di imparare. La mia azienda saprà ricompensarle - spiega - noi ai dipendenti offriamo anche corsi di inglese e di sommelier, ma deve instaurarsi un rapporto di fiducia reciproco». Per Borghese «bisogna essere datori di lavoro seri, dare prospettive. Se vogliamo che questo settore sia centrale per l'Italia è l'unica strada. Senza personale qualificato non andiamo da nessuna parte, se si trovano male i clienti non tornano».
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Il Gazzettino