Accusato di maltrattamenti in famiglia: assolto dopo 8 anni di battaglia per uno scolapasta

Il tribunale di Perugia
PERUGIA - Schermo nero e in bianco sparato la data del giorno. Poi partono gli applausi. Prima di un silenzio che è un inchino a un pianoforte che è già...

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PERUGIA - Schermo nero e in bianco sparato la data del giorno. Poi partono gli applausi. Prima di un silenzio che è un inchino a un pianoforte che è già storia. Fino alla voce inconfondibile che prende la pancia: «I've paid my dues time after time». Ho pagato i miei debiti volta per volta. Perché mentre Freddie Mercury innalza al cielo il suo We are the champions, Fabio - che questo inno l'ha scelto come colonna sonora del suo particolare video su Facebook – spiega cosa ha vinto: dopo otto anni di incredibile battaglia giudiziaria è stato assolto.

Assolto da un'accusa grave e infamante come maltrattamenti in famiglia, che oltre agli avvocati, alla vergogna, al dolore, gli è costata anche un allontanamento dai figli. Sette mesi senza poter star con loro, guardato a vista come un criminale. E allora per Fabio, informatico quarantenne di Perugia, quel video postato alla fine della sua ultima giornata in tribunale è diventato un sospiro di sollievo. Il groppo in gola finalmente scompare e fa ricominciare a respirare. Schermo nero, i Queen a palla e le scritte in bianco per raccontare la sua storia. Un assolto in dissolvenza, reiterato per non dimenticare. Il suo incubo dopo otto anni è finito.
Sarebbe una storia come tante, una denuncia, un processo, una sentenza, se però non rivelasse uno spaccato su cui riflettere. Una storia che racconta come la rabbia per una separazione possa arrivare a infangare quello che è stato almeno per un po' l'amore della vita. Perché è questa la storia di Fabio. Assolto per insufficienza di prove, perché sul banco dei testimoni si sono intervallati amici e parenti che quelle violenze non le avevano mai viste. Scaramucce di coppia, magari, dove però – come conferma uno dei suoi legali, Massimo Rolla – spesso ad avere la meglio era la moglie, madre dei due figli di uno e quattro anni ai tempi della denuncia. Fino a quella cena di famiglia in cui Fabio in un impeto di stizza versa sulla testa della donna uno scolapasta con i maccheroni bolliti. Se fosse una sit-com magari partirebbero le risate registrate, ma la (allora) moglie lo vive - anche giustamente - come un atto di violenza, una prevaricazione. E chiama la polizia. E racconta delle liti, degli insulti, delle critiche alla sua gestione della casa e dei bambini, ma anche schiaffi e spintoni. «È stata un'istruttoria dura – ricorda Rolla -, perché la signora ha ribadito le sue accuse, confermando quanto riportato in denuncia. Ma anche i nostri testimoni hanno raccontato di liti in cui era lei a insultare il marito, definendolo incapace e padre degenere». Insomma, senza voler assolutamente sminuire un vissuto, discussioni familiari che solitamente possono anche finire in tribunale, ma con un avvocato divorzista e senza impegnare il penale.
Invece, dopo aver dipinto l'uomo come un mostro, dopo sette mesi di incontri protetti, dopo una separazione inizialmente giudiziale diventata consensuale, una mancata costituzione di parte civile e addirittura la richiesta di assoluzione avanzata dalla stessa procura che all'inizio aveva correttamente dato credito a una denuncia, il giudice ha deciso per l'assoluzione. «Mi capita di tutelare tante donne e più raramente uomini – racconta l'avvocato Rolla, che ha difeso il quarantenne insieme al collega Paolo Bartoli -, ma sono andato sereno alla discussione. Perché eravamo stati in grado di dimostrare che tutto quello che era stato detto era artatamente montato per mandare via di casa il nostro assistito. Che aveva come unica volontà quella invece di uscire pulito per i suoi figli».


«Giustizia è fatta», dice Fabio alla fine del suo video che ha fatto incetta di like. E di certo la giustizia, nonostante i tempi, ha fatto il suo mestiere. Aveva le sue ragioni anche la donna che si sentiva vittima di ingiurie e vessazioni e che – a differenza di situazioni più sfortunate – ha avuto il coraggio di denunciare ciò che viveva come un abuso. Ma va anche stigmatizzato un utilizzo della stessa giustizia per questioni che potrebbero trovare altre vie di uscita. Senza rubare otto anni di vita a nessuno. Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino