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Costretta ad inviare i turni di servizio in ospedale, a filmare ogni giorno la propria biancheria intima e gli atti di autoerotismo mentre era al lavoro. Nulla in confronto agli innumerevoli rapporti sessuali forzati prima e dopo aver lavorato, arrivando persino alle lacrime, che invece di impietosire il presunto aguzzino, lo avrebbero eccitato.
Abusi sessuali su una bimba di 5 anni, assolti madre ed ex compagno
Le motivazioni della condanna
Per il Tribunale dell’Aquila se da un lato «le pratiche sessuali con l’imputato erano inizialmente condivise, dall’atro la prosecuzione delle stesse non è stata più sostenuta dal libero consenso della parte offesa», minacciata della diffusione di foto e video realizzati anche all’interno dell’ospedale ai suoi genitori e al suo nuovo fidanzato.
Gli abusi
Secondo quanto ricostruito dall’accusa, dopo l’avvio della relazione sentimentale con l’imputato la parte offesa sarebbe stata al «gioco perverso» dell’imputato, dal quale non sarebbe più uscita: sarebbe stata costretta ad indossare una maschera a raso di colore nero e farsi scattare foto mentre era nuda, costretta a compiere atti di autoerotismo. Rapporti in parte forzati che hanno preso avvio nel 2017. «Giunta al lavoro – si legge in sentenza – e sempre sotto la minaccia della divulgazione, la parte offesa doveva video-chiamare l’indagato, recarsi al bagno e masturbarsi». Per il Tribunale, «la tesi dell’imputato di non attribuire il carattere forzato degli stessi, bensì ad un gioco padrona/serva, non è convincente».
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