L'Aquila, trasforma la ex in una schiava del sesso: romano condannato a 7 anni

Maschera e foto nuda, trasforma la ex in una schiava del sesso: condannato a 7 anni
Costretta ad inviare i turni di servizio in ospedale, a filmare ogni giorno la propria biancheria intima e gli atti di autoerotismo mentre era al lavoro. Nulla in confronto agli...

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Costretta ad inviare i turni di servizio in ospedale, a filmare ogni giorno la propria biancheria intima e gli atti di autoerotismo mentre era al lavoro. Nulla in confronto agli innumerevoli rapporti sessuali forzati prima e dopo aver lavorato, arrivando persino alle lacrime, che invece di impietosire il presunto aguzzino, lo avrebbero eccitato.

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Le motivazioni della condanna

Per il Tribunale dell’Aquila se da un lato «le pratiche sessuali con l’imputato erano inizialmente condivise, dall’atro la prosecuzione delle stesse non è stata più sostenuta dal libero consenso della parte offesa», minacciata della diffusione di foto e video realizzati anche all’interno dell’ospedale ai suoi genitori e al suo nuovo fidanzato. Così il Tribunale dell’Aquila, nel motivare la condanna a 7 anni e mezzo di reclusione di M.C. di 55 anni originario di Roma, residente a Frosinone, nel 2019 operatore presso una struttura di servizi sociali in città per violenza sessuale, violenza privata e stalking su una infermiera dell’ospedale dell’Aquila.

Gli abusi

Secondo quanto ricostruito dall’accusa, dopo l’avvio della relazione sentimentale con l’imputato la parte offesa sarebbe stata al «gioco perverso» dell’imputato, dal quale non  sarebbe più uscita: sarebbe stata costretta ad indossare una maschera a raso di colore nero e farsi scattare foto mentre era nuda, costretta a compiere atti di autoerotismo. Rapporti in parte forzati che hanno preso avvio nel 2017. «Giunta al lavoro – si legge in sentenza – e sempre sotto la minaccia della divulgazione, la parte offesa doveva video-chiamare l’indagato, recarsi al bagno e masturbarsi». Per il Tribunale, «la tesi dell’imputato di non attribuire il carattere forzato degli stessi, bensì ad un gioco padrona/serva, non è convincente». 

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Il Gazzettino